Storie

LA STORIA

Caterina, dagli slum di Nairobi alle capanne di Malindi

Un viaggio nelle pieghe del Kenya per amore degli altri

24-10-2016 di redazione

Per molti di noi è impensabile intraprendere un'esperienza di volontariato in uno dei bassifondi del mondo, nello slum di Nairobi che rivaleggia con le favelas brasiliane per conquistare la triste maglia nera dell'agglomerato suburbano più povero e derelitto del pianeta.
Ma anche per chi decide di affrontarla, spesso rimane un'avventura toccante, umanamente profonda, terribile e gloriosa al tempo spesso, che lascia il segno ma che poi magari rimane lì, come un tatuaggio indelebile e basta.
Per Caterina Padova, volontaria comasca, invece Korogocho è ormai parte della vita.
E' un impulso preponderante, qualcosa che cammina insieme a lei tutti i giorni.
Ma non basta, non è tutto, l'opera di volontariato nelle scuole della baraccopoli più grande d'Africa a volte è estenuante, cattura come poche altre cose.
Eppure per lei Korogocho è la base su cui costruire la sua seconda natura, la vita parallela da donna africana.
Attratta dalla dignità degli ultimi della terra e dallo splendore del Kenya, Caterina da Nairobi in pullman è arrivata a Malindi per conoscere la tribù più bistrattata e dimenticata del Kenya, i giriama. 
Ci aveva conosciuto durante una delle nostre tappe italiane in cui abbinavamo alle meraviglie della natura keniana, presentate grazie alle immagini e alle suggestioni del Kenya Tourist Board, la storia di questa etnia i cui pochi sostenitori, spesso persone anziane, lottano per non perdere le loro tradizioni e la loro cultura. "Una battaglia commovente, da appoggiare assolutamente - ha pensato Caterina, quando a Como ha chiesto informazioni sui Mijikenda, sui loro usi e costumi e sul perché di questo abbandono da parte delle nuove generazioni, che arrivano anche ad ammazzare i loro padri e nonni, accusandoli di essere retrogradi, di credere ancora nella stregoneria e praticare riti magici.
La giovane lariana è arrivata a Malindi e ha voluto incontrare i componenti della Malindi District Cultural Association, per farsi spiegare le loro ragioni ed ascoltare la loro storia, che come un tempo viene trasmessa solo oralmente. Eccola nelle capanne costruite come cent'anni fa, fango e palme secche, cucina a carbone e le icone in legno degli antenati a proteggere il focolare domestico. 
Non ci sono libri, se non qualche trattato di antropologia, che possano spiegare come vive, cosa pensa, come si rapporta un giriama con il resto del Paese, di una nazione in continua crescita, che abbraccia lo sviluppo occidentale ma crea anche situazioni al limite della sopportabilità umana come Korogocho, Kibera e Mathare a Nairobi.
Ed ecco Caterina a Malindi indossare gli abiti tipici delle donne giriama, il kishutu in vita e l’hando, la tipica gonnellina tradizionale. Insieme con lei due ragazzi di Korogocho che l’hanno accompagnata nell’escursione verso sud e che nulla sapevano dell’etnia più a sud del loro Paese.
“Da oggi ci sentiamo un po’ mijikenda anche noi – dicono i due ragazzi – dalla loro storia e dalle loro tribolazioni arrivò il primo impulso rivoluzionario e indipendentista del Kenya”.
Proprio così: Caterina vuole conoscere allora la storia di Mekatilili Wa Menza, l’eroina giriama che per prima nel Paese sfidò l’autorità britannica. E’ l’avvocato Joseph Karisa Mwarandu, fondatore dei MADCA, a raccontare alla donna italiana la storia del suo popolo.
Esperienze che sicuramente non valgono, per generosità e coraggio, quelle del volontariato a Korogocho, ma che chiunque frequenti Malindi, anche solo per una vacanza, dovrebbe fare, per calarsi completamente nel luogo in cui trascorre il suo tempo e per il piacere di un giorno di conoscenza e condivisione. Grazie, Caterina. Asante sana!

TAGS: Caterina PadovaVolontariato NairobiMijkendaJoseph Mwarandu

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