Editoriali

EDITORIALE

Malindi e i diversi tipi di silenzio su Silvia

Cosa emerge dall'incontro di sabato con Angelo Ferrari

10-02-2020 di Freddie del Curatolo

Sarà un caso, ma da quando è stato annunciato il primo incontro pubblico per parlare della vicenda di Silvia Romano e dei tanti tipi di silenzio, positivi o meno che avvolgono questo dramma da più di un anno, improvvisamente si è tornati a parlare di lei, del rapimento, della speranza di liberarla e della necessità di sapere qualcosa di nuovo sulle sue condizioni, dato che da tutte le fonti attendibili che seguono il caso, arrivano segnali del fatto che sia viva e sia in Somalia.
Prima il Presidente della Repubblica italiana Mattarella, che da Padova, durante l’inaugurazione dell’anno del Volontariato di cui la cittadina veneta sarà capitale europea, ha espresso apprensione per le sorti della ragazza: “il nostro costante pensiero si unisce al costante impegno delle istituzioni per ottenerne la liberazione” ha concluso Mattarella.
Sabato pomeriggio con uno dei giornalisti in attività più esperti d’Africa, Angelo Ferrari, autore del libro “Silvia. Diario di un rapimento” abbiamo cercato di abbiamo raccontare il silenzio precedente con parole sincere e notizie fondate, spiegando quando questo è giusto e quando lo è meno.
E lo abbiamo fatto dal vivo, spezzandolo e non amplificandolo o mistificandolo, per chi partecipando chiedeva una lettura diversa e anche per chi si è dimenticato l'importanza di saper ascoltare. I connazionali di Malindi hanno partecipato numerosi e questo è un dato importante, anche se qualcuno probabilmente si attendeva chissà quale rivelazione. Molto più importante invece riflettere e spiegare quando notizie e informazioni facciano il loro dovere e quando invece siano inutili o deleterie.
Alle parole, ai racconti, ai paragoni, alle spiegazioni e alle puntualizzazioni di Ferrari hanno fatto seguito ieri le esternazioni di Nino Sergi, presidente di Intersos, una delle più importanti ONG internazionali ed ex collaboratore del Ministero degli Esteri e della Cooperazione.
“Sono sempre stato per la riservatezza di fronte al sequestro di operatori umanitari – ha detto Sergi, da anni amico di Angelo Ferrari - È il lavoro per la loro liberazione che la richiede, anche per lunghi periodi. Questa mia convinzione è derivata da esperienze che ho vissuto da vicino nei due decenni a cavallo del secolo. Non vivo quindi il silenzio sul rapimento di Silvia Romano come disinteresse o inazione istituzionale. Sono anzi convinto del contrario, che le istituzioni si stiano muovendo, da sempre. Considero però ingiustificato, e quindi inaccettabile, che non ci sia stata alcuna dichiarazione, diretta o fatta trapelare, che dica quel poco che può essere detto senza compromettere alcunché. Ad esempio: stiamo continuando a seguire il caso con assiduità e impegno; sappiamo che Silvia è viva; le difficolta sono tante e richiedono prudenza e tempo ma da parte nostra c'è la mettiamo tutta ... Sappiamo che si sta agendo, aspettiamo  però qualche parola che lo confermi. È un dovere istituzionale, dopo mesi e mesi di assoluto e controproducente silenzio”.
Ecco perché era importante dare parole al silenzio anche a Malindi, parole intelligenti, esperte, ponderate e con riferimenti certi. Dal vivo da persone che accettano il confronto, non celati dietro i tasti di un computer, pronti a smentire tutto, sparando nel mucchio, senza citare fonti o peggio, inventandosele. Allora, piuttosto, meglio il silenzio.

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