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MUSICA

Quell'omaggio a Jannacci nato sull'asse Italia-Kenya

Anche Freddie nello splendido nuovo disco di Stefano Barotti

10-10-2020 di Freddie del Curatolo

Oggi parliamo di cose belle e di una canzone nata sull'asse Italia-Kenya, da un'amicizia diventata sodalizio artistico (e viceversa) e dalla passione comune per un grande della musica italiana.
Nel nostro Paese, come per tanti settori ed aspetti che riguardano l’arte e la cultura, non c’è più tanta attenzione per i cantautori.
Che non devono essere per forza legati al luogo comune del poeta con la chitarra modello "Bob Dylan de noantri" né a quello maledetto e intellettuale alla De Andrè.
Cantautore è qualsiasi artista che compone, scrive e suona quel che interpeta nella forma canzone.
Lo è un avvocato swing di Asti, lo è stato un chirurgo surreale di Milano.
Era cantautore pop e scanzonato Rino Gaetano, rock e sofisticato Ivan Graziani, virtuoso e raffinato Lucio Dalla.
Oggi uno dei cantautori più dotati ed emozionanti d’Italia si chiama Stefano Barotti e per noi di malindikenya.net non è una novità che il suo quarto album sia un piccolo capolavoro.
Stefano vive a ridosso delle Alpi Apuane, a Massa.
Di mestiere per tanti anni ha cambiato il colore alle case, fino a quando le vertebre non hanno iniziato a "riempirsi di sabbia".
Vent’anni fa, quando ancora facevo il critico musicale in Italia, avevo recensito il suo disco d’esordio, “Uomini in costruzione”, straordinaria opera prima a cui mancava solo un po’ di originalità. Ci sentivi troppo De Gregori, troppo Fossati e un po’ troppa america folk.
Ci conosciamo e ci frequentiamo da allora e, canzone dopo canzone, ha raggiunto una maturità compositiva ed interpretativa che fa di lui un vero emblema degli incompresi.
Abbiamo continuato a sentirci anche quando nel 2005 mi sono trasferito in Kenya e a frequentarci allorché tornavo in Italia in vacanza.
Qualche anno fa abbiamo deciso di scrivere un disco insieme: lui con attenzione particolare alla musica, io occupandomi più dei testi.
E’ nato a distanza “Esilio Volontario”, di cui a suo tempo parlammo qui (CLICCA PER LEGGERE LA RECENSIONE).
Ora, con uscita sulle piattaforme digitali (sinceramente, fa un po’ tristezza doverlo dire per un disco, come fosse una app del cavolo) sabato 10 ottobre, arriva “Il grande temporale”, un album bellissimo che definire cantautorale è improprio.
E’ il ritratto di un artista a tutto tondo, in cui si mescolano generi, epoche e suggestioni diverse e le storie si fondono con la musica come avveniva un tempo quando la puntina scendeva su quei vinili indimenticabili che ti trasportavano in un mondo a sé.
Oggi molta gente non sa o non ricorda che oltretutto il mondo evocato dalla buona musica è molto meglio di quello reale e che potrebbe dare una mano a ritrovare la sensibilità, la gioia e le passioni perdute.
Come accadde per “Esilio Volontario” (dove appariva per la prima volta un brano di Barotti contenuto anche nel nuovo album, “Mi ha telefonato Tom Waits”, che cantata da lui con un arrangiamento geniale è tutta un’altra cosa), ne “Il grande temporale” c’è una canzone che è nata sull’asse Massa-Malindi ed è un tributo al grande Enzo Jannacci, nume tutelare che entrambi, io e Stefano, amiamo e il cui sole dell’ironia nei temporali di oggi manca terribilmente.
E’ stato divertente ristabilire questo filo diretto poetico e musicale tra Kenya e Italia, evocando le sue canzoni, le “note indefinite”, le trovate surreali e oniriche, o anche un semplice “iattattira” come quello che invoco come un urlo di battaglia all’inizio della canzone che s’intitola semplicemente “Enzo”.
Ma il disco ovviamente non è tutto qui, per leggere la recensione completa potete cliccare su questo link.
“Per andare in Kenya, bisogna sapere dov’è...per capire il Kenya bisogna essere dotati di una certa intelligenza” diceva Jannacci quarant’anni fa.
Per scrivere una “canzone intelligente” a 7000 chilometri di distanza, bisogna essere amici e volere ancora bene alla vita e alla musica.

TAGS: stefano barottimusica kenyaitalia kenya

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