Mal d'Africa

RACCONTO

Kenya, il Giardino di tutti

Dove non avere nulla, può essere la ricchezza più grande

03-06-2018 di Alessandro Veneziani

Sono trascorsi tanti anni da quel Febbraio,e si,  Febbraio è il mio mese, il mese in cui sono nato ed il mese che per primo vide i miei passi calpestare questa simpatica terra.  
Mi resi subito  conto del cambiamento che l'Africa avrebbe prodotto a quell'individuo che abita dentro al mio corpo e che io pensavo di conoscere.
Ora siamo in Maggio, un Maggio tanto lontano da quel  richiamare alla memoria il mese più corto dell'anno.
….mi piace stendermi al sole, mi regala una sensazione di benessere ma è stagione delle piogge, mi piace abbronzarmi, diventare “nero” ma gocciolano lacrime di felicità e triste speranza dal cielo.
Quando è  stagione di “piove”, siamo costretti ad un ombra forzata che ricorda emozioni lontane.
Qualcuno nasce già "annerito" e per questo fatica a capire il motivo che ci costringe a soffrire sotto al sole per colorare la pelle. 
Con un polivalente e alquanto significativo Baby, (si perchè baby è amorevole e non concede sbagli di designazione), afferma decisa, un....  non stare al sole, diventi rosso! 
Come rosso? 
E si, un sorrisetto divertito e sarcastico compare sul suo dolce volto, “diventate tutti rossi”, siete più belli quando siete bianchi bianchi come “unga”, poi diventate rossi e no va bene!
Entrando nei locali della costa africana, si viene avvolti ed accolti da un calore umano particolare, forse merito del sole, dell'atmosfera creata delle birre bevute con simpatica ingordigia o forse per pregio di chi vive e frequenta le originali notti equatoriali.
C'è però qualcosa che non può sfuggire ai più attenti osservatori, quella specie di scala sociale dettata dalle tonalità della pelle.
Amica mia, dimmi perchè quella ragazza è lasciata sola, non ha amiche?? 
Ehhhhh Alex, non vedi??  Lei, nera nera, lascia lei stare!!
Come è nera? cosa centra, non mi sembra tanto diversa da tutte voi !
Guardi Alex, guardi bene! Lei troppo nera oooohhh, uno schioccare della lingua sul palato a rafforzarne l'affermazione, troppo nera!!
Non vedo grossa differenza, forse sono offuscato dalle birre, o forse semplicemente la mia personale scala sociale è daltonica e non riconosce i colori.
Ok, accettiamo questa ennesima assurda invidia pubblica, ma senza comprenderne a fondo la ragione.
Dal mio punto d'osservazione, le persone di colore sono tutte uguali, un africano è un africano, forse qualche sfumatura “tonale”, ma comunque scuro.
Ho mio malgrado capito che esistono le gradazioni di colore e guai ad essere troppo "abbronzato", si rischia l'emarginazione.
L'invidia, la paura che l'altro possa migliorare il suo stato, abbandonare la povertà, e costruire una vita migliore, induce ad un continuo screditare il prossimo.
Per qualcuno è piu importante mantenere gli altri al proprio livello che cercare a sua volta di innalzarsi. Ma tutto il mondo è paese, ho visto persone che per una posizione lavorativa avrebbero venduto la madre per innalzarsi a ruolo di ..di??? 
Ci sono due modi di vedere le cose,  gli interessi economici per necessità o per ingordigia umana, ci inducono a fare scelte più o meno opportune.
I più moralmente onesti, quelli veramente innamorati dell'africa, comprano casette, i più facoltosi appezzamenti di terreno. 
Magari utilizzandoli pochissimo, un mese all'anno, ma questo è certamente un sistema per sentirsi sempre a casa e percepirsi continuamente vicino alle proprie emozioni. 
Avere una proprietà, è come essere sempre presenti. Si acquistano fazzoletti di terra in Kenya per sentirsi così, padroni del paese.
Avere una proprietà qui, nella terra di Lucy,  dove tutto ebbe inizio, ti innalza a capo, un po come marcare il territorio. 
I veri leoni europei. 
Non importa se non frequenti la vita africana, ma io sono padrone di un pezzetto di kenya fa la differenza psicologica.
C'è poi chi si fidanza per avere la proprietà anche della patata, coltivazione ormai inflazionata ma sempre molto di moda.
Una sorta di possessività territoriale, ma fa parte degli esseri viventi, tracciare confini, segnare il territorio, avere la possibilità di dire; io c'ero e ci sono prima di te, come se il mondo potesse avere dei proprietari e come se, chi arrivato dopo, fosse in grado di "rubare" a loro chissà quali privilegi.
In questo intreccio di piccoli o grandi affari si collocano gli amici africani ed il gatto e la volpe europei che con il loro "pole pole", attendono i "furbetti" come i leoni aspettano la preda.
Non riesco e non posso come invece fanno in molti, giudicare coloro che avendo nulla, si inventano situazioni o mestieri per tirare a campare, ogni comportamento, se non delinquenziale, lesivo o cruento, lo voglio interpretare come sopravvivenza ed in qualche modo lo giustifico, è facile deridere o denigrare persone che ogni giorno devono fare i conti con la sofferenza.
A nessuno piace essere imbrogliato,  essere preso in giro, allora, o ci adeguiamo al pensare, alla cultura diversa dalla nostra e non per questo sbagliata, oppure si cambia aria. 
E' inutile e poco intelligente rimanere in un luogo dove non si è "padroni" di nulla e volere comunque cambiare una realtà millenaria dove i veri gatti e volpe sono già presenti dalla nascita.
Ed invece si rimane lì, a parlare e sparlare di chi per necessità a volte deve scendere  a  compromessi, forse discutibili ma altrettanto necessari...
Credo che ogni uno di noi possa con serena sofferenza guardare nel proprio orto e trovare montagne di porcheria senza dovere andare a zappare nel giardino tropicale di altri.
Può darsi  che dovremmo essere noi adoperarci per capire di avere intrapreso una direzione sbagliata, ed in quel momento apprendere dal continente nero quali siano i valori, così da cercare di correggere la via.
La nostra quotidianità appare scontata, in balia del sistema.
In buona parte del mondo non è così, dovere percorrere chilometri per potere attingere a pozzi infetti è la costante, mangiare quando si può e non quando si ha fame, è un'altra certezza.
Ma allora cosa ci  ha fatto innamorare di questi luoghi,
la consapevolezza di avere intrapreso la strada sbagliata, oppure è un' atteggiamento che ci consente di attenuare i nostri sensi di colpa, verso noi stessi ovviamente.
Quante volte mi sono chiesto la ragione di questa nostra  passione per un luogo così diverso dalla nostra cultura e dalle nostre abitudini
Quante volte.....
Non avere nulla, può essere la ricchezza più grande.
Sembra una follia, ma se pensiamo alle motivazioni che ci portano al “mal d' Africa”, può sembrare una giustificazione accettabile.
Una volta ho chiesto a Jimmy perché non venisse in Italia, aveva una concreta proposta di lavoro nella ricca Brianza.
No! Fratello, non voglio lasciare mio Kenya, io qui sto bene, ho tutto!
Affermazione opinabile, in quanto  dal nostro/mio punto di vista il buon Jimmy non ha nulla!!
Allora forse la tranquilla serena spensieratezza   è  nascosta e vive dentro di noi??   
Trovarla, è la più ardua delle avventure.
Le stranezze di questo luogo incantato, riescono a soggiogare la mente di ignari turisti, a fortificare il pensiero dei residenti e a fare tornare la giovinezza che credevamo  ormai perduta.
Era l'inizio di Marzo, una soleggiata uggiosa giornata tipica di quell' anticipo bigio caldo umido bagnato chiamato stagione delle piogge. 
Incontro Baraka un amico africano e chiedo a lui se per caso avesse visto Amir.
Si Alessandro, Amir è in a casa con sua la moglie, andiamo a chiamare...
No no!! Lasciamolo  tranquillo, è con la moglie....
No ce problema andiamo, lui contento vedere te.
La casa è nei pressi, una casa fatta di fango e legno intrecciato, non ha pavimento e solo una tenda a coprire la porta. Un colpo d'occhio mi porta al retro dell'abitazione, non ci credo, c'è una parabola satellitare posizionata in direzione approssimativa del nulla, forse alla cintura di Orione, non so se ha la televisione ma un contatto extraterrestre sicuramente lo possiede. 
Non faccio più in tempo a “scappare”, Baraka chiama Amir e spostando la tenda che ricopre l'ingresso di casa, scorgiamo l'amico che sopra ad un materasso appoggiato sul duro pavimento di terra pressata, si agita sotto le lenzuola con la moglie.
Lo sapevo penso io....sono in leggero imbarazzo ma Amir si alza, si ricompone e con entusiasmo si dirige verso di me.
Alessandro, fratello...come stai?
Intanto, mi saluta con una energica stretta di mano, e fin qui pazienza, poi mi abbraccia e mi batte le mani sulle spalle....evviva!!, io indosso solo i pantaloncini e la mia pelle rimane...insomma va beh, magari scopro un nuovo “olio” abbronzante e finalmente divento scuro come i miei due amici...
Ormai ho rotto l'incantesimo e lui mi invita ad andare a conoscere suo papà in un villaggio non troppo lontano.
Così ci incamminiamo lungo la strada che porta in direzione del parco Tzavo Est.
La  tipica quotidianità equatoriale, iniziata con una mattinata a sprazzi piovosa, per poi trasformarsi come spesso accade, in una splendida torrida giornata africana.
In un contesto surreale, dove il paesaggio ed il panorama si fondono con l'umore malinconico ma allo stesso tempo realistico di chi per sopravvivere è abituato a peripezie a me inimmaginabili.
La forza per non soccombere viene anche dai sogni, nella speranza che piano piano Dio aiuta.
Ed allora Amir, inizia a raccontare;
Alex, io tra poco sono tanto ricco  perchè in sogno,  ho conosciuto  persona uomo molto importante lui  hai mi promiso che in europa io tanti soldi, e  miei sogni, sempre  veri..!!..
Fatico a comprendere il senso delle sue parole anche perchè il suo italiano è piuttosto approssimativo.
Ma il racconto è interessante e chiedo ad Amir di continuare.
Nella sua famiglia, ci sono tre fratelli e cinque sorelle.
Due sono morte, una per parto e l'altra non si sa come, semplicemente dice Amir, ieri era viva e  oggi  morta...
Il papà è molto malato,  ha sempre male di pancia.
Il suo racconto è a sprazzi, salta da un periodo della vita ad un altro con buchi temporali notevoli, ma non importa, la circostanza acconsente ad ogni tipo di transitoria  collocazione.
Un giorno, quando lui era bambino, si trovava con il padre nella savana, stavano rientrando verso il loro villaggio e ad un tratto incontrarono un leone.
Lui terrorizzato accennò a scappare ma il padre disse di stare immobile che lo avrebbe trasformato in una pianta così che il leone non lo vedesse.
E così accadde, il leone, risparmiò loro la vita.
Da quel momento Amir, ha la certezza di capire le situazioni anche attraverso i sogni e quindi di credere nell'evoluzione positiva della sua immaginazione.
Questa cosa mi piace, sono contento che uno spiraglio di luce sia presente nella mente di Amir, spero per lui che questo faro non si spenga mai!
 Anche noi ci alimentiamo di illusioni, di speranze,
cerchiamo il meglio per dare un senso a quello che accade.
L'Africa ha radici solidamente legate al passato che  premono su una modernità che cresce troppo in fretta.
I giovani sono affascinanti, colmi di furbizia ma dalle poche risorse, ci vedono benestanti, naturalmente mzungu corrisponde a soldi, il bancomat con le gambe,  modelli da seguire e possibilmente da imbrogliare con le piu fantasiose “ricette” tramandate da chi, vide i primi bianchi arrivare in questa terra speranzosi del e nel...”ti fotto io”, gli anziani invece sono  diffidenti, non vedono di buon occhio l'intreccio, ancor solo amichevole tra le razze. Può venire tollerato ma con un solo scopo finale ben immaginabile.
Anche il papà di Amir, decano uomo africano, guarda con timore i rapporti di amicizia del proprio figlio, così da rendere imbarazzante la mia visita, ma non importa, io ho visto negli occhi del genitore una luce di stupore, di sofferenza, di preghiera... ed una grandissima speranza che non dimenticherò mai.
Piano piano il vecchio uomo si lascia andare in un sorriso, vuoi perchè ho portato a lui le medicine per il suo fastidioso mal di pancia, vuoi perche umanamente si è sciolto nell'atmosfera di questo giorno diverso.
Traballante si alza, indossa solo un bianco pareo leggermente rosato causa la terra rossa che circonda tutto il luogo. Si regge con un bastone ricavato da un robusto albero e mi dice: vieni ti mostro una cosa. 
Andiamo insieme nel retro della casa, uno strano cortile, vedo serpenti e galline che pacificamente convivono tra loro, “acchiappa” un serpente e me lo mette al collo, 
eeemmmm....ok amico non vorrei mi strangolasse. 
Era un cucciolo di pitone, forse da poco nato ma ancora una volta la mia europeinizzante cultura mi imbarazza. 
Non preoccupare Alex, lui amico e intanto mi abbandona li con questa cintura di pitone al collo. Si allontana e torna poco dopo con un piccolo pezzo di qualcosa, ha colore nero, sembra una pietra ma non la sembra, sembra un carboncino ma non lo è 
Grazie per medicine, questo è regalo per te, è pietra nera, aiuta tu da serpenti e da veleno, credi-mi Alex.
Ci credo, specialmente dopo il racconto di Amir che fu trasformato in una pianta davanti al leone e sopravvisse, come non credere a questa altra  verità?? impossibile!!! 
Così, in un luogo dove tutte le emozioni sono fortemente compromesse dalla cruda realtà,
dove sappiamo che la gioventù ha un futuro incerto, dove capita spesso di scoprire che la giustizia non è uguale per tutti, noi, riusciamo comunque a provare straordinaria attrazione per una concretezza così diversa dalla nostra. 
Il  sapere di avere un solido legame con il benessere, ci consente di vivere l'atmosfera africana in tutto il suo unico  magico e doloroso splendore.
Un' atmosfera unica al mondo alimentata da profumi, paesaggi mozzafiato e anche da soventi recriminazioni, ma nella bellezza di tutto ciò, aggiungo con certezza, anche le persone straordinarie native di questi luoghi.
Andiamo Alex, mio papà stanco, vedo che lui vuole riposare.
E dove andiamo? Io tornerei a casa volentieri, la cintura di pitone è rimasta li ed io vorrei andare a casa.
Ok, facciamo strada insieme, ti racconto una cosa! Con fare deciso e paziente inizia a raccontarmi un altra favola.
Molti anni fa, mio papà è vecchio, ha 59 anni, ha visto tante cose, lui è contadino, fa' tomatoes e mia sorella aiuta!
Che bello Amir, hai una sorella che aiuta la famiglia nella coltivazione?
Si, io ho!
Mia sorella sposata e aiuta! 
E come aiuta?
Lei sposata in Germania, aiuta....
ooohh ok, bene! Ed io che pensavo a lei nella shamba a coltivare pomodori.
Troviamo un piki piki, andiamo in tre direzione casa, ormai non lo ascolto piu, lui continua a parlare, il vento porta via con se il significato di tutte le sue parole e le mie stanche orecchie  non saranno mai consapevoli della pura verità.....

TAGS: mal d'africaalessandro venezianiracconti africa

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