Racconti

I RACCONTI DI CLAUDIA

Gratitudine

LO SGUARDO IRONICO E GARBATO DI UNA DONNA CHE HA VISSUTO A MALINDI

04-06-2009 di Claudia Peli

Ho uno shamba boy che si chiama Mungo.
E’ il quinto di undici fratelli.
Circa.
Il numero esatto non lo sa neanche lui.
Porta le ciabatte di gomma di colore diverso, probabilmente trovate in spiaggia dopo l’alta marea e al polso ha un orologio di topolino sempre fermo sulle dieci e un quarto.
Gli piace tanto che non se lo leva mai.
Se gli chiedo che ore sono, lui allunga il collo e guarda il cielo, studia un po’ il sole e poi mi risponde.
Ci azzecca quasi sempre.
Mungo vive lontano, dopo l’aeroporto, dentro il bush.
Tutte le mattine viene a lavorare nel mio giardino in sella ad una bicicletta sgangherata che si chiama Ursula.
A parte il fatto che perde spesso la catena nelle buche e lui ci cade dentro, Ursula è una bicicletta minuscola e non capisco come Mungo che è grosso riesca a starci in equilibrio e a pedalare per tutti quei chilometri.
Nonostante le magagne, la microUrsula è il suo unico mezzo di locomozione, quindi se la tiene stretta e ogni tanto le da un po’ d’olio.
E’ una fortuna avere una bici, sai quanti scellini risparmiati in tuk-tuk e boda-boda?
E così il buon Mungo, tra una pedalata e una caduta, arriva più o meno puntuale tutte le mattine al mio cancello e mi dice col sorriso:
“Jambo mama!”
Lavora sodo e non si lamenta mai.
Non mi chiede prestiti, e non si da mai per malato.
Taglia l’erba, annaffia, pota le siepi, raccoglie le foglie morte.
Va su e giù per il giardino spingendo la carriola col rastrello in spalla e il panga sotto il braccio.
Mica come quell’altro, il suo collega, che se ne sta imboscato tutto il giorno a fare finta di pulire la piscina o a chiacchierare con la cuoca del vicino…
Bravo Mungo, ti voglio premiare.
E così ho deciso di regalargli la mia vecchia mountain bike, perché da quando ho la macchina non la uso più e se ne sta lì nel sottoscala a fare le ragnatele.
Quando gliel’ho consegnata non ci poteva credere, gli sono venuti gli occhi enormi e lucidi e mi ripeteva:
Asante sana mama, grazie!”
Era così emozionato che mi sono un po’ commossa anch‘io.
Ecco, un piccolo bel gesto ha reso felice il mio shamba boy, che da domani verrà al lavoro pedalando bello comodo sulla nuova bicicletta, mi son detta contenta.
Mi sbagliavo.
La mattina dopo l’ho visto arrivare al cancello arrancando faticosamente per l’ennesima volta in sella ad Ursula la sgarrupata.
Che grande delusione! Ho pensato che forse gliela avessero rubata fuori dalla capanna durante la notte.
Poverino.
Jambo mama!”
Mi ha detto sorridendo come se niente fosse.
Jambo Mungo. Ma dov’è la tua nuova bici?”
“L’ho venduta. Pesa mingi sana, tanti soldi!”
Mi dice orgoglioso.
“Che cooosa hai fattoooo!?” Gli ringhio addosso.
Dalla sua espressione intimorita capisco che mi vede le fiamme di rabbia negli occhi.
Iko matata?” Mi chiede perplesso.
“Certo che c’è problema! Mungo non si vendono i regali!”
“Perché mama?”
Mi chiede ingenuo come un bimbo.
“Perché dovresti mostrare un po’ di gratitudine per il dono che ti ho fatto.” Provo a spiegargli.
Ma Mungo si gratta la testa pensieroso.
“Gratti…grattitt…nini?” Mi chiede.
Ecco, lo sapevo, non conosce nemmeno il significato della parola.
Alla fine forse ho sbagliato io, mi dico.
Cosa mi aspettavo? Che buttasse via Ursula?
In Africa non si butta via niente.
Mi auguro almeno che con i soldi abbia comprato delle cose utili per la sua famiglia.
Così mi faccio passare la frustrazione e gli dico:
“Dai, vai a tagliare l’erba. Hakuna matata.”
E non ci penso più.
Quando sono scesa in giardino col cane la sera ho notato che la mia macchina era lustra brillante, miracolo!
Poi ho visto lì accanto Mungo, accucciato sul secchio dell’acqua che strizzava una grossa spugna.
“Sei stato tu?”
Lui  ha fatto sì con la testa e poi in perfetto italiano ha detto:
“Gratitudine!”
E mi ha fatto il sorriso più bello del mondo.
Ecco, io mi sono commossa di nuovo.
“Asante Mungo, mzuri sana, molto bene.”
Da quel giorno il mio shamba boy mi lava la macchina ogni lunedì senza bisogno di ricordarglielo, la piccola Ursula sta ancora parcheggiata sotto il frangipani, e l’erba del mio giardino è molto più verde di quella del vicino.

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