Editoriali

EDITORIALE

E anche la "mama" del villaggio acquista online

Perché la grande distribuzione conquista i poveri del Kenya

02-02-2023 di Freddie del Curatolo

E’ capitato pochi giorni fa: vedendo arrivare su una strada sterrata del più remoto entroterra della costa keniana un furgone del corriere “Wells Fargo”, il pensiero è andato a chissà quale genere di conforto potesse essere stato recapitato in mezzo a un villaggio di capanne di fango e pietre con i tetti di lamiera che poco a poco sostituiscono quelli di palme secche che resistevano da secoli.
Oppure quale cantiere, base strategica, fattoria solare o altro segno di civiltà si potesse annidare in quelle lande quasi dimenticate dal progresso, se non per gli alti ripetitori degli operatori telefonici.
La curiosità di seguirlo era tanto, se non fossimo stati lì per altre storie da raccontare.
Oggi si legge su un quotidiano locale che probabilmente quel camioncino si stava recando proprio in quei villaggi, dove oltre ad un bugigattolo per ricevere i soldi tramite il servizio di banking via cellulare Mpesa, c’è anche un magazzino di Wells Fargo.
Già, perché la consegna a domicilio di acquisti effettuati online in Kenya sta diventando popolare anche per i ceti mediobassi, se non per la povera e poverissima gente.
Pare un controsenso, ma in questo periodo di recessione dell’economia globale di cui il Kenya non è esente, basti pensare all’abisso storico di valore dello scellino rispetto a euro e dollaro e ai prezzi anche di generi di primo consumo saliti alle stelle.
A questo, in Africa Orientale, si deve aggiungere l’eccezionale emergenza climatica, con la stagione delle piogge deficitaria da quattro anni che ha messo in ginocchio buona parte della popolazione che contava sui raccolti dei propri campi coltivati per il sostentamento quotidiano.
Ormai anche le fasce sociali, culturali ed economiche più basse della società keniana, accedono facilmente ad internet con tariffe vantaggiose, quindi anche la “mama” del villaggio, magari su consiglio dei figli, ha capito che recarsi al villaggione più vicino per comprare un chilo di farina di mais e un litro di olio di semi costa più che acquistarlo online, soprattutto perché in rete si trova sempre qualche offerta tipo “black Friday”.
A questo punto scatta l’harambee, ovvero la colletta con gli altri nuclei familiari del villaggio: un pacco da 20 chili in offerta speciale, recapitato dal corriere e poi si divide. E così con gli altri beni essenziali.
Dalle capanne di fango diretti in bocca alla grande distribuzione, a studiare le offerte speciali, le proposte di ogni singolo negozio online. Ad accumulare punti promozione, a farsi schedare per ricevere le proposte più allettanti, senza capire bene se sarà vero risparmio.
La grande distribuzione, anche in Africa, guarda a tutti e non lascia indietro nessuno, arriva ovunque e ha sempre qualcosa che fa al caso di chi ci si imbatte, allettandoti anche su cose di cui non hai bisogno ma che desidereresti tanto possedere.
Gli ottimisti e fan del nuovo mercato, dalle colonne dei giornali locali, dicono che questo sistema potrebbe “svegliare” tanti keniani che fino ad ora hanno dormito sulle frasche secche della loro miseria, affidandosi al destino e coltivando la rassegnazione come una tradizione tramandata dagli avi.
Plaudono alle grandi catene che affossano i piccoli produttori, anche perché le prime mantengono i loro media tramite la pubblicità, gli altri non portano loro nessun utile.
I critici della società moderna invece gridano al piglio criminale del capitalismo fallimentare che, avendo sempre meno da succhiare dai ceti medi, va a prendersi anche le briciole di chi a malapena riesce a campare, abbattendo il sistema di sopravvivenza delle comunità, per cui il contadino manteneva il negozietto locale acquistando da lui i prodotti che non produceva e gli vendeva i prodotti dell’orto.
Chi ha ragione? Ma soprattutto, a cosa serve avere ragione quando è in ballo la sopravvivenza?

TAGS: poverivillaggiocapannegrande distribuzionevendita online

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