L'ANGOLO DI FREDDIE
02-04-2023 di Freddie del Curatolo
Non è la prima scena di questo genere che vedo, in Kenya.
La giovane donna che ho davanti a me, nella fila alla cassa del supermercato, solleva i prodotti dal carrello e li impila uno ad uno lungo il rullo a scorrimento che, guardacaso, oggi non funziona.
Lo fa con cura, quasi benedicendo ogni singolo acquisto. Due pacchi di farina, un concentrato di succo d’arancia, tomato ketchup, olio di semi, biscotti, plum cakes, cacao solubile, carta igienica, assorbenti, cioccolatini, detersivo per i piatti, qualche altra necessità e qualche sfizio.
La donna estrae il telefonino e con il calcolatore inizia a fare il conto di quanto può valere la sua spesa.
Sa benissimo quanto le rimane sul suo Mpesa.
Per fortuna c’è quello, che di carte bancarie neanche a parlarne e contanti, meglio portarne in giro il meno possibile.
Arriva il suo turno ed alcuni dei prezzi preventivati sono superiori ai suoi calcoli, ecco che il cassiere si avvicina alla soglia dei suoi fondi sul telefonino.
“Tafadhali…”
Per favore. La donna chiede al cassiere di fermarsi.
I suoi desideri, uniti alle necessità, sono superiori al budget.
Capita sempre più spesso in questo paese in cui alla giovanissima abitudine al consumismo si abbina ora l’improvviso blocco della crescita che ha fatto schizzare i prezzi e sprofondare lo scellino. Può darsi che solo sei mesi fa i soldi fossero sufficienti per pagare tutto, o che l'assuefazione da plum cakes alla vaniglia sia peggio di quella da eroina. O forse sono io che fantastico ed era solo soprappensiero.
Ora si tratta di scegliere.
E’ chiaro, saltano le golosità, le cose non indispensabili.
Ma non si può cancellare così un sogno sognato per mezzora tra le corsie, un sogno ricorrente, che ha percorso in parallelo e incrociato qualche volta l'infanzia e l'adolescenza e la fa sentire ancora come un'Alice keniana nel paese delle meraviglie.
Facciamo un solo pacco di farina e salviamo i plum cakes (cosa vi avevo detto?). Via il tomato ketchup e dentro i cioccolatini.
Prende in mano il cacao solubile e lo accarezza come lo stesse dolorosamente salutando, guarda il cassiere.
L’imbarazzo forse non supera il disappunto, si volta e si scusa con me che evidentemente le sono parso troppo interessato.
Sono sempre interessato, di natura. Non solo per raccontarne, ma perché umanamente vorrei potermi permettere di dire alla donna: “quanto manca? Ci penso io, hakuna matata. Oggi sei stata sorteggiata tu, complimenti!”.
Senza questa prosopopea, una volta l’ho fatto. Era un signore anziano, con il bastone, gli occhi vispi e un accenno di pizzetto bianco. Lui aveva decisamente fatto male i calcoli, o forse aveva fatto l’ultima spesa dieci anni prima. Si salvava al massimo un quinto di tutta una serie di articoli che avrebbe voluto portare dai parenti al villaggio. Avevo un buon rapporto con il cassiere dell’emporio arabo. “Ci penso io, al resto” gli dissi.
Pensava lo conoscessi, e io gli feci intendere che fosse vero.
Il vecchio ringraziò ossequiosamente e scappò via più veloce del suo bastone con la sua sporta pesante, chissà per paura che potessi cambiare idea.
So già da tempo che non potrei mai essere ricco, e se non lo sono diventato è proprio perché non riuscirei a far finta di nulla in determinate situazioni. Quando vedo il sogno prevalere sulla realtà, il puro, istintivo afflato che non può realizzarsi, non ce la faccio.
Anche se ho più volte sottolineato come in Africa la "solidarietà delle caramelle" serva a poco, perchè è poco educativa...di fronte ad un "mzee" che ha già imboccato la pista argillosa del tramonto o ad Alice nel paese della grande distribuzione...cosa vuoi educare?
In un mondo sopraffatto dalla ricerca dell’algida perfezione, delle inumane ma produttive intelligenze artificiali, vedere una donna alla cassa di un supermercato che semplicemente sperava di poter tornare a casa con del cacao solubile, pregustando un bicchiere di latte tiepido e dolce con il suo compagno, con un’amica o con i figli, mette da parte ogni riflessione, anche nobile, razionale e mi fa pensare che, come cantava il poeta, da qualche parte ci sia ancora “un tempo sognato che bisognava sognare”.
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