Racconti

I RACCONTI DI CLAUDIA

Domandiamocelo

LO SGUARDO IRONICO E GARBATO DI UNA DONNA CHE HA VISSUTO A MALINDI

15-06-2011 di Claudia Peli

Domanda numero uno: a cosa pensa un africano di Malindi quando si accinge ad attraversare la strada?

Risposta: non pervenuta.

 

Domanda numero due: il sopracitato si rende conto che la strada è piena di veicoli in movimento o crede di essere nel mezzo della savana deserta?

Risposta: non pervenuta.

 

Domanda numero tre: quanti di loro ne tirerei sotto sulla Lamu Road se mi distraessi un nanosecondo mentre guido?

Risposta: sette o otto al giorno.

Chi vive a Malindi e ci guida sta annuendo con la testa perché sa di cosa parlo. Parecchie volte capita di arrabbiarci con l’ennesimo ragazzino o adulto o vecchia signora che all’improvviso sbucano da chissà dove e te li trovi a pochi centimetri dall’auto.

Spesso li vedi che camminano indolenti sul ciglio della strada e allora gli dici col pensiero: stai fermo lì rafiki, non t’azzardare a passarmi sotto adesso o perlomeno abbi il buon senso di farmi capire che tra un attimo lo farai…

L’altro giorno la mia amica Elisa mi ha detto che aveva investito un tizio nel tornare a casa la sera.

Era ancora molto tesa per lo spavento.

“Ma non l’hai proprio visto?” le ho chiesto.

“No, era completamente buio fuori.”

“E lui stava in mezzo alla strada?”

“Veramente era sul selciato, ma quando sono passata con la macchina mi si è lanciato sotto.”

“Quindi lo ha fatto apposta?”

“Eh, sembrerebbe di sì.”

“Allora parliamo di tentato suicidio …”

“Ma proprio sotto la mia macchina? Per fortuna che andavo piano e l’urto è stato molto leggero.”

“Ti sei fermata?”

“Sì un attimo, ma quando ho visto che era completamente nudo, sono scappata via!”

“Caspita che colpo! Me lo posso immaginare.”

Di pazzi qui nei dintorni ce ne sono parecchi: sarà il solo dell’equatore che gli batte sulla capoccia tutto l’anno?

Può darsi.

La vicina di casa, qualche mese fa, stava parcheggiando sopra un marciapiede e ha visto saltare su all’improvviso un uomo che si teneva una caviglia. Saltellava come una cavalletta e l’accusava di avergli parcheggiato sul piede.

Lei giura tuttora di non averlo neppure visto, chissà dove se ne stava accucciato. Comunque ha risolto il problema con un piccolo risarcimento di 500 scellini.

Mezz’ora dopo, quando è ripassata di lì, lo ha visto che rideva e camminava senza zoppicare.

Ebbene sì, c’è chi ci campa col mestiere di “investito” e ci mantiene pure la famiglia. I più furbi si sono specializzati nell’essere investiti da macchine in retromarcia.

E’ capitato proprio a me qualche tempo fa. Metto la spesa nel bagagliaio, monto in macchina e accendo. Mi guardo bene attorno e non vedo nessuno.

Bene, via libera.

Ingrano la retro ed esco lentamente.

Non faccio neanche un metro e sento una botta e un urlo.

Mi ha preso un colpo; sono scesa immediatamente e ho visto un tizio per terra. Niente sangue.

“Ma da dove sei saltato fuori?”

Non mi risponde, ma si lagna. E la cosa non mi convince, mi puzza tanto di pacco malindino: secondo me questo se ne stava sulla pianta aggrappato a un ramo ad aspettare il primo fesso che ci parcheggiava sotto. E allora gli dico nella sua lingua: “Hakuna pesa rafiki. Mimi mzungu lakini hapana mujinga. (Non ho soldi amico. Sono bianca ma non sono stupida.)”

Il tizio non se l’aspettava e tira su la testa.

Mi guarda perplesso e non sa cosa dire: probabilmente si aspettava che lo soccorressi, che lo portassi in ospedale e che gli riempissi le tasche di soldi? No, con me non funziona …

Allora si alza, bofonchia qualche insulto nel suo dialetto, prova comunque a scroccarmi qualche scellino e poi si allontana sconfitto sotto le mie minacce di chiamare la polizia.

Che attore!

Ci sarà mica una scuola a Majengo che li addestra?

Già me li vedo: esame di pratica ore 10 del mattino. Katana e Kazungu che in una strada di periferia simulano l’incidente usando la macchina presa in prestito dal cugino Kole.

“Dai fratello, ingrana la retro e vieni fuori pole pole.”

“Ok, io sono pronto. Tu sei pronto a buttarti sotto?”

“Sì, ma fai piano, eh? Uno, due, tre vai!”

Patatrac … qualche volta gli riesce, altre volte no; e il povero Kazungu ci lascia sotto qualche ossicino per davvero.

E i loro fratelli più piccoli stanno lì seduti col dito nel naso ad osservarli, così imparano ad emularli da grandi e fregare qualche mzungu inesperto.

 

Domanda numero quattro: e se dipingessimo delle belle strisce pedonali e li educassimo a passarci sopra quando attraversano?

Risposta: ah ah ah!      

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