Arte e cultura

MUSICA

Zabala, il viaggio musicale di Parodi ha un'anima keniana

Il nuovo album è nato concettualmente 3 anni fa a Malindi

08-06-2021 di Freddie del Curatolo

Se è vero (e sarebbe tragico doverlo ammettere) che i cantautori non esistono più e se esistono preferiscono essere chiamati diversamente, allora per Andrea Parodi Zabala possiamo coniare il termine “Viaggiautore”.
Perché per il musicista e interprete canturino, arrivato al suo terzo album solista, viaggiare è sempre stato fondamentale e dove non sono arrivati gli stivaletti, lo zaino e l’inseparabile chitarra, è arrivata la fantasia alimentata da letture, leggende, ricerche storiche, racconti di avventure e mondi suscitati da canzoni di maestri e poeti incontrati sull’asse Italia-America.
Con una puntata formativa in Kenya.
Tutto questo ha contribuito a “Zabala”, disco appena uscito che ha il nome del varcatore di confini e barriere che Andrea si è dato.
“Zabala” è una summa della poetica e delle esperienze maturate dal quarantacinquenne songwriter (diciamolo all’inglese, che ancora si può...) e di alcune tra le più illustri collaborazioni di cui ha gioito nel corso degli anni. Si parla di nomi come quello di Scarlet Rivera, storica violinista di Bob Dylan, di Joe Ely, del chitarrista David Grissom e molti altri numeri uno del country-rock e del tex-mex statunitense.
Alcune delle suggestioni evocate nelle 12 canzoni di cui si compone l’album (uscito in Italia per la storica etichetta Appaloosa, lo trovate anche su Spotify) sono state messe a fuoco dopo il viaggio in Kenya di Andrea, con la moglie Elena e il primogenito Woody (chiamato così in onore del primo grande songwriter americano, Woody Guthrie) nel 2018, quando ha partecipato ad una splendida, indimenticabile serata di musica e poesia
organizzata a Malindi dall'Istituto di Cultura di Nairobi. Parodi Zabala ha diviso il palco con il più grande poeta Mijikenda Kazungu Wa Hawerisa, cantando le sue canzoni e quelle di altri grandi autori, su personaggi che hanno difeso le proprie radici, unendo idealmente le tradizioni degli anziani Mijikenda e di chi lottò per l’indipendenza del Kenya con le leggende di personaggi storici del Texas e del Tennessee e la poesia della grande scuola cantautorale italiana.
“Non faccio fatica a dire che è stata una delle serate più emozionanti della mia vita – confessa Andrea - La memoria e le radici sono un patrimonio da difendere, valorizzare, raccontare. Quello che state facendo in Kenya con il popolo e le tradizioni dei Mijikenda è straordinario. Pensare a queste storie, poesie, costumi che si sono tramandati oralmente, resistendo a tentativi di sottomissione e “integrazione” mi fa venire ancora oggi la pelle d’oca. Il grande poeta Kazungu Wa Hawerisa  è la voce di queste storie, di questo popolo, fiero, dolce, coraggioso”.
In quella serata Andrea Parodi Zabala cantò molte canzoni che ha scritto per i suoi nonni e la loro terra, raccontata soprattutto attraverso il ritrovamento delle lettere che si scrivevano.
“Sono lettere che ho trovato in un cassetto, sporche di sabbia, la sabbia del cantiere di Diyarbakir, in Turchia – racconta il musicista lombardo - dove mio nonno ha lavorato per anni per costruire una diga sul fiume Eufrate. La memoria è il terreno più fertile dove scavare alla ricerca di storie che poi si trasformano in canzoni o in poesie. È stato un bellissimo incontro quello con Kazungu ed è rimasto il desiderio di replicare quella splendida serata anche in altre città del Kenya”.


L’avventura africana ha aiutato Parodi a ripensare e mettere insieme le canzoni raccolte negli anni che ora compongono “Zabala”, dipingendo con eleganza e maturità, con l’aiuto di un gruppo di musicisti-amici difficilmente assemblabile in un album nostrano, storie vere e immaginate, come film in cui si intrecciano la leggenda di Billy The Kid (“Where the wild horses run”, un brano da brividi, l’unico in inglese in cui la voce di Joe Ely scava nell’anima) e quella di Gabriela, la cui storia potrebbe ricordare quella delle tante donne africane in fuga e in cerca della libertà e dove il violino di Scarlet Rivera e la fisarmonica di Joel Guzman rimandano alle “avventure a Durango” di Dylan e De Andrè. Così come il personaggio della colorata “Brasile” sembra davvero uno dei tanti connazionali passati dal Kenya, tra pentimenti ed un’estrema fuga in cerca della libertà e di un’altra vita.
“L’avventura keniana mi ha aiutato a vedere il mondo da un’altra prospettiva – ammette Parodi - Ho imparato a rallentare, a non dare lo stesso peso a tutte le cose. Ho cominciato questo disco nel 2013 ed è uscito ora, tre anni dopo il viaggio in Kenya. E in questi tre anni è successo di tutto: Sono diventato papà per la seconda volta, e poi è arrivata la pandemia, che ci ha tolto tantissimo, soprattutto ai bambini, ma ci ha anche offerto delle prospettive diverse. Si sono azzerati lo spazio e il tempo e in una dimensione in cui non si poteva uscire dal proprio paese mi sono immaginato nuovi confini”.
Durante il primo lockdown il musicista che è anche organizzatore di eventi e promoter di artisti d’oltreconfine, si è inventato due web radio e ha voluto fortemente creare una connessione con Malindi, tramite il nostro portale.
“C’era sempre un collegamento dal Kenya e in alcuni momenti sembrava davvero di essere molto più vicini di quanto fossimo mai stati – ricorda “Zabala” – Poi sono cominciate ad arrivare chitarre e fisarmoniche da Austin, steel guitar da Nashville, organi e piano da Chicago e New York, violini da Los Angeles e il disco ha cominciato a prendere forma, arricchendosi di ospiti spettacolari. Questi erano i miei nuovi confini. L’esperienza africana e quella di padre sono state fondamentali per imparare a vedere il mondo con una nuova prospettiva.
Sì, il Kenya è stato il viaggio della vita. Non scorderò la sensazione appena usciti dall’aeroporto a Mombasa, il sapore e il calore dell’aria e il primo bagno nell’oceano poche ore dopo. Quei colori, la terra rossa sotto il cielo turchese, un cielo infinito che ti resta dentro per sempre. I baobab che ti parlano se li sai ascoltare, gli occhi dei bambini che ridono e ti corrono incontro, come si corre incontro alla vita.
Uno dei ricordi più intensi è la visita all’orfanotrofio di Marafiki con Woody, il mio primo figlio che all’epoca aveva 6 anni, l’unico bimbo bianco, muzungu, circondato da decine e decine di bambini. Poi in cerchio, mano nella mano e seduti per terra, nella polvere, a inventare un gioco che assomigliava a un calcetto con sassi e piccoli pezzi di legno. I suoi occhi brillavano come i loro, questo è il ricordo più bello di quel viaggio.
Rivedo i volti allegri della gente e una terra generosa di frutti, pesce. Il mercato colorato di Malindi e il tempo che non corre mai”.
Quel tempo che sembra fermarsi quando ascolti dodici canzoni nate e cresciute senza fretta, cullate e protette come si fa con un figlio o un ideale, impreziosite dal viaggio, dagli incontri e dalla capacità di sapersi stupire ancora e sempre, a dispetto delle barriere fisiche, mentali e subliminali.
 



 

TAGS: musica kenyaartisti kenyaparodi kenya

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