Editoriali

EDITORIALE

Ebbene sì, stanno tornando in Kenya

Perché ora si ha meno paura di venire qui

21-01-2021 di Freddie del Curatolo

Stanno tornando in Kenya.
C'è sicuramente un motivo, anzi forse ce n'è più di uno.
Intanto sono tutti confortati dai dati che dopo dieci mesi costituiscono ormai una certezza di come sia andata in Kenya, almeno nel primo anno di epidemia globale. 
Confrontiamoli, questi dati ufficiali che parlano di 2000 morti di Covid-19 e vediamo che i paragoni con il resto del Mondo sono improponibili, ma anche quelli con altri Paesi del Continente Nero, ad esempio il Sudafrica, parlando di un ventesimo dei decessi causati dal virus.
Chi vive in Kenya da sempre o da tanti anni come me, non ha avuto un solo conoscente perito per la malattia e anche tra la povera gente che si frequenta per via di opere sociali o del mestiere che ci porta a vagare tra ospedali, centri di assistenza, scuole ed altri luoghi pubblici, nell’entroterra e via dicendo, non abbiamo notizia di gente ammalata gravemente essendo positiva.
A Malindi ci siamo preoccupati durante i primi mesi della pandemia, che guardacaso coincidevano con la stagione delle piogge e il fresco luglio: due anziani diabetici di origine araba deceduti e due medici storici indiani (uno anziano, uno over 60) positivi ma non gravi. Poi un beach boy conosciuto che ancora non si sa bene cosa abbia avuto, un poliziotto panciuto e un professore di scuole superiori a Kilifi.
Gli italiani residenti si sono un po' contagiati durante una festa qualche mese fa, ma la carica virale di tutti era così bassa che nessuno ha avuto problemi.
Il virus c'è, ma se si vede, si vede qualcosa di non pericoloso.
Questo, attenzione, non significa che non si debba abbassare la guardia perché è già stato confermato che il virus è mutevole e infingardo, ma la semplice constatazione che qui è arrivato in forma leggera e che anche gli anziani (perchè, nonostante la vita media come si propaganda sia molto più bassa, di anziani ce ne sono molti...la vita media è più bassa perché muoiono purtroppo tanti bambini, e fanno statistica) stanno bene. Nei villaggi non se ne piangono più del solito, eppure fuori dalle città nessuno si sogna di portare la mascherina e l’acqua per lavarsi le mani...è già tanto se c’è per lavarsi. Punto.
Queste cose iniziano a vedersi e i turisti iniziano a tornare.
Ormai sapete come fanno: se hanno casa di proprietà o in affitto possono, e anche se non soggiornano in hotel, possono eleggere il Kenya a domicilio temporaneo. Ma queste sono cose che capitano solo agli italiani...tutti gli altri sarebbero "sconsigliati" ma partono ugualmente. Dov'è la differenza?
E non pensiate che siano persone frivole, negazionisti di giornata, festaioli impenitenti.
Soprattutto, cosa vi fa lanciare loro anatemi del genere "untore che va a uccidere la povera gente in Africa"?
In questi giorni abbiamo visto invece persone che, proprio perché si sentono responsabili ed in grado di gestire autonomamente la loro sicurezza, ne hanno semplicemente le scatole piene di restrizioni che loro ritengono esagerate, o di connazionali che sono al limite dell'esaurimento nervoso.
Così tornano i viaggiatori zaino in spalla, tornano gli appassionati di safari, tornano i proprietari delle ville di Malindi, Watamu e Mambrui. Tornano gli uomini d’affari a Nairobi e Mombasa.
Tornano gli innamorati, più ingenui che turisti sessuali, torna chi sogna una vita diversa.
Iniziano a pensare di venire in Kenya quelli che non tornerebbero, ma ci verrebbero per la prima volta.
E non è solo il Covid-19 leggero, ma la pesantezza del Vecchio Continente a convincerli.
Noi siamo da mesi seduti sulla “rive gauche” del fiume Sabaki e aspettiamo tutti: i santoni del “te l’avevo detto” e quelli del “sarà un’ecatombe”.
E quando saranno in tanti qui, potremo continuare a raccomandarci con loro: non è finita, ma qui si può ricominciare a sperare.

TAGS: turisti kenyaviaggi kenya

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