I cuori palpitanti non avvertono le distanze, non soffrono le differenze di lingua, cultura, usi, costumi e tradizioni.
I cuori palpitanti non ascoltano consigli, non si curano del domani e del portafogli.
E vivaddio, che qualcuno ancora in questo mondo di intelligenze artificiali e idiozie artigianali (sempre IA sono...) c'è ancora qualcuno che si lancia allo sbaraglio. 
Lo dicono i dati: le mail che riceviamo, ed abbiamo ripreso a ricevere copiosamente e gradualmente dopo la fine della pandemia, le richieste di visti per l’Italia di presunti e probabili partner “travestiti” da collaboratrici domestici, lavoratori stagionali, badanti, studenti e studentesse (soprattutto queste ultime, che non cambierebbero inclinazione…).
Lo dicono le avventure da bassa stagione sulla costa, che sono meno numerose di quelle del pienone turistico sulle spiagge ma molto più visibili.
Le effusioni con quarant’anni di differenza in un ristorantino locale semivuoto, chissà perché, sono molto più cinematografiche e colpiscono lo sguardo e la fantasia dello spettatore.


Quando poi gli spettatori sono coetanei dei protagonisti keniani, scatta in loro il principio (e talvolta la necessità) d’imitazione.
Camminando mano nella mano in parallelo con una società che cerca di astrarre sempre più dal reale, che invita candidamente e non storce il naso all’abbonamento su Onlyfans e travolge di paure chi cerca ancora un rapporto di pelle, un confronto diretto, anche se tramite il traduttore di google, le coppie-gelato vaniglia cioccolato (quelle che le vuoi far durare, al sole dell’equatore si sciolgono) iniziano a starmi simpatiche.
Vanno, passano, non si curano di chi li dileggia, e nel mondo di chi si suicida o querela per un commento sui social network, sono resilienza pura. Come cantava Louis Armstrong, “ogni passo della strada ci farà ritrovare, con tutte le preoccupazioni dietro di noi, lontane.
Abbiamo tutto il tempo al mondo solo per l’amore. Niente altro, niente meno che l’amore”.