Editoriali

EDITORIALE

Kenya tra non riapertura e regole non rispettate

Nairobi da blindare e preoccupazione anche sulla costa

19-06-2020 di Freddie del Curatolo

E’ difficile, adesso come adesso, pensare alla riapertura totale del Kenya il prossimo 6 luglio.
Questo è il sentore che traspare in via ufficiosa dagli ambienti nazionali che dovrebbero iniziare a prepararsi per tornare alla completa normalità.
Nel discorso che accompagnava la sofferta decisione di proseguire nelle restrizioni per altri 30 giorni, lo scorso 6 giugno il Presidente Kenyatta aveva dettato alcune tappe di dialogo e confronto tra vari settori che avrebbero dovuto stilare programmi per una lenta riapertura, una sorta di “fase due” cauta e avveduta, da gestire con una sinergia tra pubblico e privato.
Gli incontri e le discussioni avvenute da allora fino ad oggi non hanno contribuito a chiarire se e quando i famosi “protocolli” per la ripartenza saranno svelati.
Ma andiamo per ordine: per prima cosa, dando un limite di una settimana, Kenyatta aveva citato la riapertura e la riorganizzazione dei luoghi di culto. Chiese e moschee avrebbero dovuto essere operative già da domenica scorsa, ma a quanto pare, pur essendo aperte, non accoglieranno i fedeli nemmeno questa domenica, per i cattolici, e in tutti gli altri giorni, per quanto riguarda gli islamici.
I numeri dei casi positivi al Covid-19 di questi giorni, in crescita esponenziale anche relativamente ai tamponi eseguiti nel Paese, stanno ulteriormente mettendo in allarme il Governo, soprattutto a Nairobi, che poi è “caput mundi” per le alte sfere della politica nazionale.
Pensare ad una riapertura dei cieli il 6 luglio, e particolarmente dell’aeroporto internazionale Jomo Kenyatta è improponibile al lato attuale. Da fonti interne agli ambienti delle compagnie aeree, si prevede un prolungamento del lockdown di almeno 15 giorni per poi pensare alla riapertura a livello nazionale in vista anche delle ferie di agosto, che almeno salverebbero il turismo locale nelle destinazioni costiere. Ma anche in questo caso, sarà fondamentale vedere la diffusione del virus nella capitale, perché dall’altra parte potrebbero essere le Contee di mare a rifiutare gente proveniente dalle zone a rischio, o quantomeno a richiedere il certificato Covid free.
“Da quando il Governo ha fatto riaprire le nostre frontiere – ha detto due giorni fa il Governatore della Contea di Kilifi Amason Kingi – abbiamo registrato il record di casi in un solo giorno, ben 7. Ora siamo a 34 casi da quando è scoppiata la pandemia e purtroppo la nostra gente non ha compreso che il contagio è possibile anche qui. Fa male al cuore vedere tanta indifferenza”.
La preoccupazione in questo momento mette in secondo piano ogni discorso economico e velleità turistica, anche perché nonostante si continui a morire pochissimo e ad avere l’ottanta per cento di asintomatici, non si può sapere fino a che numeri e a che tipo di emergenza sanitaria si potrà arrivare. Tra i Paesi del Continente Nero che non sono riusciti a contenere la diffusione del coronavirus, ad esempio, c’è il Sudafrica che è arrivato a più di 80 mila casi, così come sarebbe interessante sapere cosa realmente accade in realtà come Tanzania, Burundi e Zimbabwe che hanno bloccato la trasmissione quotidiana dei dati all’Organizzazione Mondiale della Sanità. La Tanzania, in particolare, è ferma al 29 aprile scorso quando aveva contato solo 500 positivi e nel Paese confinante la vita procede come se niente fosse. Guardacaso però tra i camionisti che cercano ogni giorno di entrare in Kenya attraverso le dogane di Lungalunga e Namanga, c’è un’altissima percentuale di positivi, anche se quasi tutti asintomatici. Per l’Africa, in questo momento, più che per ogni altra realtà, sarebbe fondamentale avere la certezza che le persone affette da Covid-19 ma asintomatiche non trasmettono il virus. Potrebbe essere la salvezza di Paesi dove far rispettare le regole, più per povertà e abitudine che per ignoranza e lassismo, è davvero un’impresa.

TAGS: riapertura kenyacasi kenyaturismo kenya

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