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Il Kenya di Sebastiano, terapista della campionessa

L'avventura dell'italiano Erbi nella Rift Valley dei maratoneti

27-01-2021 di Freddie del Curatolo

“Per uno che non era mai stato in un Paese come il Kenya e che da sei anni vive in Danimarca, essere catapultato in un villaggio sperduto a 3000 metri di altitudine nel mezzo del meraviglioso nulla della Rift Valley africana, poteva essere uno shock. E invece...”.
E invece la “trasferta di lavoro” di Sebastiano Erbi, quarantenne professionista delle moderne terapie sportive per curare i fastidi muscolari della detentrice del record mondiale femminile della maratona Brigid Kosgei, si è rivelata un’esperienza di vita umana e toccante che ha lasciato un segno nel suo cuore.
Sebastiano, nativo di Reggio Calabria, si avvale di una terapia tra le più richieste nel mondo dell’atletica, chiamata Tecar, ed è lo specialista dell’azienda elvetica Wintecare che viene utilizzata dal management “Rosa Associati” fondato dal coach italiano Gabriele Rosa, che tutela i diritti di molti fondisti keniani insieme alla multinazionale Nike.
“E’ stata proprio Wintecare a suggerirmi a Rosa e Nike per seguire Brigid Kosgei nel suo percorso di avvicinamento alle Olimpiadi di Tokio – racconta a Malindikenya.net il fisioterapista, laureato in Scienze Motorie – la Tecar Terapia consiste in un trasferimento di energia in modalità capacitiva e resistitiva. Tramite l’innovativa macchina non viene creato calore ma si attivano processi che possono migliorare la resistenza delle performance”.
Così Sebastiano atterra a Nairobi all’inizio dell’anno e dopo qualche ora arriva nel cuore del mondo, appena sopra l’equatore tra foreste, montagne, improvvise pianure e vertiginosi saliscendi. Nella magia della terra Kalenjin della Contea di Elgeyo-Marakwet.
“Appena arrivato nel villaggio di Kapsait mi sono reso conto che non era un luogo come un altro – spiega Erbi – oltre alla meraviglia della Natura mi ha colpito subito la gente. Molti di loro, specialmente i bambini, non avevano mai visto un uomo bianco. Mi guardavano come fossi sceso dal cielo, come fossi un angelo. Ero anche toccato profondamente dalla loro miseria e dalla dignità con cui vi convivono. Mano a mano che passavano i giorni, siamo entrati in confidenza e ho scoperto persone semplici con una grande propensione al sacrificio e alla fatica. E’ inevitabile che tutti i giovani sognino di diventare grandi maratoneti. Qui già per andare da un villaggio all’altro si devono macinare chilometri a piedi. Per andare al campo di allenamento allestito dalla Nike, c’è una strada di 3 chilometri con un dislivello di 150 metri. Da fare in andata e al ritorno, oltre all’allenamento quotidiano ovviamente”.
Già, perché Sebastiano segue sì la record woman mondiale della maratona, ma si trova anche nella fucina di campioni numero uno al mondo, dove la Nike ha finanziato una scuola secondaria con indirizzo sportivo ed il medico sportivo ed allenatore italiano Gabriele Rosa negli anni Novanta intuì le potenzialità degli eredi del primo oro olimpico Moses Tanui e contribuì alla conquista di 20 medaglie d’oro ai Campionati del mondo, 19 medaglie olimpiche, 8 record del mondo e un numero indefinito di trionfi a maratone e gare di livello internazionale.
Kapsait, tra tutti i luoghi di allenamento è quello più estremo.
“Allenarsi a queste altezze è uno dei segreti delle performance dei keniani – ammette il terapista italiano – ma quello che c’è dietro si può scoprire solo vivendo con loro. La sveglia alle 4.30 del mattino con temperature decisamente rigide, partire anche in 20 su un pick-up e fare 4 ore di strade impervie per trovare i percorsi di allenamento più adatti. Poi tornare, frequentare la scuola, allenarsi ancora e tornare a casa. Questi ragazzi e ragazze praticamente come allenamento già fanno una maratona al giorno. E’ normale che poi nelle competizioni internazionale sembrino volare. Certo, qui c’è una concorrenza altissima per poter ambire a competizioni mondiali, basti pensare che in Europa per gli uomini basta un tempo tra 2 ore e 14 e 2 ore e 16 minuti per andare alle Olimpiadi, in Kenya bisogna stare almeno due volte all’anno sotto le 2 ore e 5 minuti! E le ragazze hanno il vantaggio di avere in loro dei cosiddetti “pacemaker”, allenandosi insieme.
Dove Sebastiano è rimasto ancora più sorpreso è nell’alimentazione quotidiana.
“Per due settimane anche io ho mangiato unicamente ugali, la loro polenta di mais. Al campus c’era un cuoco ugandese che cercava in tutti i modi di variare i contorni, saltando le verdure e la carne in maniera diversa...ma di certo non è facile per chi non è abituato e specialmente per noi italiani. Gli atleti invece considerano l’ugali uno dei segreti della loro esplosività, perché la polenta non completamente cotta come la cucinano loro si espande anche durante la digestione e contribuisce ad allungare l’effetto dell’energia dei carboidrati, pur venendo smaltita adeguatamente”.
Insomma, in soli 15 giorni il terapista era già totalmente immerso nella dimensione Africa vera.
“Due giorni prima di partire ho festeggiato i miei quarant’anni con una festa indimenticabile insieme a persone straordinarie – rivela – mi ha ricordato la dimensione contadina e autentica di quando ero ragazzino in Calabria. Sicuramente il background ha giocato in mio favore, ci sono comunque tante affinità. Ed ho capito che la Rift Valley del Kenya è un luogo unico e straordinario in cui spero di tornare presto per visitare anche le località di mare e magari fare un safari. Non so se si chiami “mal d’Africa” ma so che è la gente di Kapsait, atleti e preparatori, che per primi mi vorrebbero di nuovo tra loro. Brigid Kosgei dovrà proseguire la sua preparazione e farsi trovare in condizioni ottimali per l’appuntamento con le Olimpiadi di Tokyo e spero di poter dare il mio contributo a lei e a questi fantastici ragazzi e ragazze che inseguono il sogno di fare una carriera come la sua per uscire dalla miseria e aiutare le loro famiglie”.  
 

TAGS: maratona kenyaterapista kenyaitaliani kenyasport kenya

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