ADDIO A UN GRANDE
30-06-2024 di Freddie del Curatolo
Se n’è andato un grande Italiano in Kenya, uno dei più grandi.
Aldo Manos, scomparso dopo una breve malattia a 92 anni, è stato uno studioso colto, appassionato, infaticabile, che dopo aver dedicato buona parte della sua vita all’ambiente, lavorando ai piani alti delle Nazioni Unite ed essere stato tra I fautori della sede UNEP di Nairobi, una volta in pensione è diventato la memoria storica dei prigionieri italiani in Kenya durante la Seconda Guerra mondiale.
Veneziano di origine dalmata, Manos già nel 1962 era uno dei 12 funzionari italiani nel “palazzo di vetro” a New York e dieci anni dopo, quando l’allora sottosegretario ONU, Maurice Strong, organizzò la prima storica Conferenza Globale sull’Ambiente Umano a Stoccolma, era tra i suoi più stretti collaboratori.
L’anno dopo gli fu proposto di aprire la sede dedicata all’Ambiente in uno dei Paesi simbolo dello sviluppo sostenibile negli anni a venire.
Durante la stesura del mio libro “Ritratti di Italiani in Kenya", mi raccontò come Kenyatta avesse voluto a tutti i costi l’ONU nel suo paese.
“Fece costruire una struttura moderna a Gigiri, utilizzando il terreno acquistato da una piantagione di caffè… non proprio “sostenibile” come inizio… ma tutto intorno era Africa selvaggia. Bastava si alzasse un po’ di vento e la terra rossa si posava ovunque in ufficio e le nostre lettere giungevano in “formato savana” a New York. Io solitamente arrivavo in sede con una Fiat 127 che avevo importato dall’Italia”. Quella 127 era ancora nel giardino di casa sua, a Nairobi, funzionante ed attiva come lo è stato lui fino alla fine.
Quando è andato in pensione, nel 1991, Manos ha continuato a frequentare il Kenya, sia come membro di delegazioni istituzionali del nostro Paese, sia con altre cariche ufficiali o per convegni.
“Ho potuto girare questo splendido Paese con calma e piacere, con mia moglie e mio figlio – mi raccontava – e ho conservato molte amicizie in ambito diplomatico e politico. Dei keniani apprezzo la curiosità e l’approccio naturale alla modernità. E’ lusinghiero vedere i loro tentativi di preservare il patrimonio naturale in un Continente dove sembra che Madre Natura sia quasi un impiccio, che faccia parte del passato, in un mondo in cui la cultura dell’ambiente viene calpestata ogni giorno di più. Personalmente, quando sento una sega elettrica, anche a distanza, sto male”.
Sette anni fa, dopo una serie di ricerche minuziose ed approfondite, ha scritto un libro riportando alla luce le storie e i personaggi di un campo sconosciuto dalla storia, il 360 di Ndarugu, alle porte della capitale.
A ottantacinque anni, Aldo Manos non è stanco di studiare ed apprendere.
La sua ultima passione, oltre all’hobby del tiro al piattello, riguarda le ricerche sui prigionieri di guerra italiani in Kenya. Da lì è nata in lui la voglia di fare luce in maniera più esaustiva e precisa possibile sulla permanenza in Kenya di ben 52 mila persone, cercando di salvare siti, monumenti e iscrizioni. Come fece, con l’aiuto del Comites, organizzando il trasporto di un monumento da Thika al sacrario di Nyeri, dove sono sepolti i nostri connazionali, periti durante la prigionia, e dove sono conservate le spoglie del Duca d’Aosta.
Oltre a questo, Aldo Manos ha creato il sito prigionieriinkenya.org in cui ha raccolto nomi, storie, documenti, ricevendo centinaia di testimonianze di figli, nipoti e parenti di nostri connazionali che vissero nei campi di prigionia, molti dei quali non tornarono più a casa.
Alla tristezza per la dipartita di un uomo per la cui operosità ed intelligenza ci sarebbe voluto un bonus di altri vent’anni almeno, si aggiunge quella di perdere il più grande depositario di un pezzo di storia italiana in Africa. Anche per questo motivo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo aveva insignito dell'onorificenza di Cavaliere della Stella D'Italia.
Alla splendida moglie Elena, sempre vicina a lui, collaboratrice e fonte di ispirazione di molte sue ricerche, vanno le nostre più affettuose e sentite condoglianze.
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