Il Canto del Kenya di oggi, giovedì 10 dicembre, più che un canto è un suono meraviglioso e unico.
E’ quello dell’Oceano Indiano che si infrange contro gli scogli quando il vento soffia direttamente dal mare aperto e non batte la costa da nord o sud come succede praticamente undici mesi all’anno.
C’è un periodo, ed è questo, in cui il monsone invernale ed umido, che qui chiamano “Kusi” che significa “vento del sud”, lascia il testimone all’aliseo estivo del nord, che si chiama Kaskazi.
In mezzo c’è la brezza, più o meno moderata che a volte s’infervora ma spesso diventa afosa bonaccia, che viene chiamata Tanga Mbili, letteralmente “il movimento tra i due”.
Quando arriva questo momento, chi si trova sulla costa del Kenya non dovrebbe mai perdersi questo suono e andare a cercare gli scogli, perché nonostante il litorale da Lamu a Shimoni sia pieno di bianche e lunghissime spiagge, non mancano le formazioni rocciose coralline. Watamu ad ogni baia e nelle sue isolette ne è la riprova più conosciuta, a Malindi la punta di Vasco da Gama, a Takaungu addirittura le rocce vanno a strapiombo sul mare per decine di metri e anche a Nyali c’è qualche scoglio alto. E allora controllate la marea, la forza del Tanga Mbili e preparatevi ad ascoltare un suono che l’Africa rende diverso da quello di qualsiasi altro mare, perché racconta la storia dell’eterno osare e ritirarsi, morire e rinascere, ambire al cielo e trovare i fondali che è proprio di queste terre e di questa gente. E non ditemi che è solo poesia.