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Incendio Malindi, le macerie del giorno dopo

Uno scenario inquietante che si sarebbe potuto evitare

15-03-2021 di Freddie del Curatolo

I tizzoni sono ancora caldi e fumanti, e i tanti proprietari e gestori di villette, appartamenti e cottage di Silversand si aggirano sconsolati tra cadaveri di mobilia, scheletri di porte e finestre, accessori mostrificati in un clima tetro e grigio che contrasta con l’azzurro intenso del cielo che si specchia nelle piscine piene d’acqua e cenere.
Quelle piscine che nessuno ha potuto utilizzare da subito per spegnere le fiamme partite dal secondo piano dell’edificio dell’Oasis Village, perché nè il condominio, né il vicino Key Park sono dotati di pompe collegabili ad idranti che avrebbero potuto supplire al cronico ritardo dei pompieri di Malindi. Sulla spiaggia campeggia una barca da pesca d’altura inutilizzata, il suo nome (“Incubo”) sembra tragicamente richiamare l’assurda giornata di sabato.
Il giorno dopo ci si sveglia ma la realtà è quasi peggio del disastro a cui si ha assistito con paura e sbigottimento.
Lo scenario al Key Park è triste e desolante: solo chi era sul posto ed è arrivato in tempo è riuscito a salvare qualche elettrodomestico, sedie, tavoli e divani dalla furia del fuoco e dal suo calore.
“Le altre ville di fianco alla mia – ci racconta un proprietario italiano – erano chiuse e i proprietari non ci sono, di conseguenza hanno continuato a bruciare e nessuno ha potuto aprirle”.
Una residente tedesca, che ha due cottage all’interno della struttura, ci racconta la dinamica dell’incendio che ha distrutto una delle sue abitazioni, quella fronte strada e ha salvato la villetta più vicina alla spiaggia. Perché è andata così: il vento che soffiava dal mare ha preso un giro a sinusoide, che dall’Oasis è entrato al Key Park e ha lanciato fiamme e scintille in strada, attraversandola dall’alto, incontrando dapprima due ville con tetti in tegole e poi terminando la sua folle corsa nelle altre ville del Key Park 2, di fronte al Coral Key.
“Tutto è partito da un singolo appartamento ed è assurdo che un incendio di queste proporzioni non abbia potuto essere fermato – spiega la signora tedesca – sono tanti i fattori che hanno permesso tutto questo e siamo responsabili anche un po’ noi per non esserci premuniti con le pompe”.
Tra i responsabili però non si può non citare il servizio di pompieri della Contea, che ancora una volta ha dato forfeit. L’autocisterna dell’aeroporto, che deve attendere di essere disponibile quando non ci sono voli in arrivo o in partenza, è arrivata dopo due ore dallo scoppio dell’incendio e il resto è quanto abbiamo raccontato ieri.
Ora la speranza è che questo ennesimo incidente che ha lasciato tante persone senza un letto e senza gli effetti personale, porti una buona volta tutti i residenti di Malindi a protestare vivacemente con la Fire Brigade e chi la amministra. Chiediamo quindi a tutti i proprietari delle abitazioni e proprietà bruciate di unirsi e portare un documento comune all’attenzione degli enti preposti. Tra gli uffici al primo piano dell’Oasis Village c’è anche quello di un avvocato. Sarebbe da chiedere a lui di rappresentare chi nello stesso residence e in quelli attigui ha perso milioni nello stesso tempo in cui per imprecisati motivi il mezzo dei pompieri, a poche centinaia di metri di distanza, una volta chiamato non è potuto intervenire.

TAGS: incendio malindi

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