LUTTO
17-01-2014 di Freddie del Curatolo
"Se arrivano io sono pronto, li affronterò a petto nudo".
Questo mi aveva detto qualche settimana fa Mzee Katana Kalulu, l'ultimo dei Gohu, dei grandi saggi dell'etnia Mijikenda, di cui fanno parte i giriama, la tribù più popolosa della costa keniota.
Sono quelli in cui si imbatte qualsiasi "mzungu" di Malindi e dintorni, i maggiordomi, le donne di servizio, gli operai, i camerieri, le commesse, i ragazzini e i vecchi che ci sorridono e salutano per le strade e nei villaggi. Un'etnia che è presente da queste parti da sempre, la cui storia è narrata soprattutto per via orale, e appare nelle cronache di viaggiatori cinesi, arabi e portoghesi.
Mzee Katana Kalulu mi ha raccontato storie e leggende, e teneva in vita con i suoi moniti, le sue preghiere e le sue narrazioni, una tradizione che sta scomparendo. 92 anni, autista per gli inglesi durante la seconda guerra mondiale, poi protagonista dell'Indipendenza sulla costa.
Santone indiscusso e portatore di messaggi di pace.
Ieri Katana Kalulu è stato ucciso con un colpo di pistola. Giustiziato, come un uomo qualunque, come uno dei tanti anziani che negli ultimi anni sono stati ammazzati con la scusa della stregoneria, in questa nuova inquisizione che brucia la storia dei padri e le origini stesse di chi pensa solo al denaro. Altro che stregoneria, si uccide per interessi, per le proprietà, i terreni che i vecchi possiedono.
E' la nuova religione, il vile sporco denaro che ha già completato il suo ciclo di danni nel mondo occidentale e che sta conquistando come una metastasi lenta e inesorabile questo Continente ancora troppo vergine per non essere intaccato.
Addio alle speranze di vedere un popolo fiero delle sue tradizioni, della sua semplicità e di rituali ed abitudini che faranno sorridere la nostra civiltà, ma che non hanno mai avuto nel loro vocabolario parole come violenza, sopruso e malvagità.
Con Mzee Katana Kalulu i Mijikenda hanno ucciso sé stessi, e la speranza che l'Africa un giorno possa vivere un futuro migliore, guardando indietro all'innocenza di quando era un luogo povero, arretrato, fatalista, magari anche selvaggio e ignorante, ma sicuramente più pacifico, umano, libero e vivibile di qualsiasi altra realtà.
Addio Mzee, rafiki yangu.
Ti piango e piango un mondo che non è più il mio.
Freddie del Curatolo
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