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INCENDIO

Vietare il makuti, Malindi ci prova ancora

Dopo ogni incendio, torna d'attualità la richiesta

16-03-2021 di Freddie del Curatolo

Ogni volta che Malindi o Watamu vengono funestate da un incendio, sembrano scaldarsi anche gli animi di chi non riesce a capacitarsene e cerca ragioni e colpe di un evento che si poteva evitare.
Non siamo fans delle discussioni a posteriori, così come non voteremo mai per il “Partito Preso”.
Dal 2008, quando è nato il Portale degli Italiani, abbiamo dovuto raccontare 12 incendi importanti, più meno uno all’anno. Ogni volta, oltre alla mancanza di un servizio di vigilanza del fuoco valido, pronto e tempestivo, vengono tirati in ballo giustamente i tetti di makuti.
Se nel primo caso ci si dovrebbe ricordare che siamo in Africa e che l’abitudine e il “mestiere” di certi politici (in tutto il mondo) di rassicurare e promettere, qui è ancora più palesemente presa per i fondelli, nel secondo nessuno comunque riesce a levarsi dalla testa che con l’urbanizzazione i bellissimi, coreografici, tetti swahili di palme secche hanno purtroppo fatto il loro tempo.
Ancora una volta, dopo uno spaventoso incendio come a Malindi non se ne vedevano da due anni, torna l'idea di vietare l'ultilizzo del makuti per costruire i tradizionali e rinfrescanti tetti.
Nel 2009, dopo le terribili fiamme che avvolsero l'intera zona residenziale di Kibokoni e il Palm Tree Club, l'allora sindaco Mohamed Menza propose in Consiglio Comunale di vietare per le nuove costruzioni l'ultilizzo dei makuti.
La sua proposta però trovò l'opposizione dei produttori e commercianti delle "tegole" intrecciate, il cui valore nell'ultimo decennio si è quasi triplicato.
Da allora in molti hanno iniziato a costruire utilizzando le tegole canadesi o chiudendo i tetti "all'araba" con una terrazza o solarium.
Dopo un incendio che distrusse il makuti del bar e del ristorante, il lussuoso resort di Watamu Hemingways ha invece optato per il finto makuti, un materiale prodotto in Indonesia che forse non è totalmente ignifugo ma che brucia molto lentamente e sul quale si può intervenire.
All'indomani del fuoco dell’Oasis Village, come già successe nell’aprile del 2019 per l’incendio che distrusse una ventina di ville a Casuarina, alcune associazioni ambientaliste e di residenti vorrebbero far firmare ai cittadini una petizione, per poi portarla al Governo della Contea e chiedere una volta per tutte di togliere dal commercio le fascine di makuti per edificare tetti, almeno a Malindi.
Ormai la cittadina ha una densità di abitazioni troppo alta per non considerare la facilità con cui prende fuoco e la velocità con cui brucia il makuti, e il danno che può recare a terzi. L'incendio di sabato scorso ne è la triste, ennesima, riprova.
Vedremo se questa volta la richiesta arriverà sui banchi del Consiglio della Contea di Kilifi e se ci saranno decisioni in merito. Sono tanti anni che attendiamo e nel frattempo è ancora troppa la gente, costruttori compresi, che preferisce avere sopra la testa un soffitto infiammabile, anche se pittoresco e così “africano”, piuttosto che spendere qualcosa di più (inizialmente) e scegliere un altro materiale.

TAGS: incendio malindimakuti malindi

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