L'angolo di Freddie

L'ANGOLO DI FREDDIE

Evviva, sono tornati a Malindi! (SATIRA)

Ecco chi sono i connazionali arrivati di recente in Kenya

16-02-2022 di Freddie del Curatolo

Sono tornati in Kenya.
Oddio, in Kenya.
Diciamo a Malindi e Watamu.
E dove sennò?
Quanti turisti italiani si sono visti negli ultimi due anni al Turkana?
C’è qualche locale nelle riserve di Aberdare che sa pronunciare la frase “Benvenuto amico, come stai?”
Fatto sta che sono tornati e non si può negare che li aspettassimo.
Si sentiva la mancanza di chi alla fine ha numerosi, anche differenti se non diametralmente opposti motivi per apprezzare questi luoghi.
Si fa per scherzare, sia ben chiaro.
Come con un amico o un parente a cui si vuole bene e la cui scomparsa è stata vissuta dal comparto turistico (che noi rappresentiamo) come una tragedia.
Perché Malindi senza italiani è indubbiamente vedova.
A volte magari la vedova di Franz Lehar, ma sempre vedova è.
Eccoli i nostri baldi giovinotti (età media 72-73, specie perché l’abbassa qualche figlio, figlia o nipoti venuti a badare agli anziani) tornare a riconquistare gli spazi a loro cari. Con loro, ed è cosa che ci fa altrettanto felici, ci sono tanti volti nuovi, attratti dal passaparola e dalla nostalgia degli assidui frequentatori che ha aumentato la voglia di chi non vedeva l’ora di scappare un po’ dal Belpaese.
Gli perdoniamo tutto, persino la misconoscenza della Fascia E o le letterine che ricordano tanto le giustificazioni di quando si marinava la scuola, con la firma falsa dei genitori. Per fortuna, da un po' di tempo, come cantano Colapesce e Di Martino, "il maestro è andato via".
Ma chi sono questi intraprendenti cavalli (anzi leoni...) di ritorno?

PRIMA AL BAR E POI AL MARE!
Il primo termometro del ritorno degli italiani a Malindi è indubbiamente il bar.
Un italiano in Kenya senza caffè espresso è come un cinese senza il cappellino da capocantiere.
E i bar in questi giorni pullulano di connazionali che si incontrano, chiacchierano, si preparano ad andare in banca, a fare la spesa, dal sarto e finalmente al mare.
Dopo i bar, fatalmente, si riempiono i ristoranti sul mare che sono un po’ stabilimenti balneari, un po’ “spiagge di riposo”. Ma dove si mangia pesce fresco e non possono mancare le specialità italiane.
Certo, chi torna dopo due anni di “lockout” ha trovato un po’ più di proposte internazionali e di facce straniere o anche keniane. Qualcuno per la prima volta realizza che ci sono tanti africani vestiti bene che si possono permettere un loro stesso pasto se non migliore.
Un ristoratore ci ha confessato che è più facile vedere un africano mangiare bucatini all’amatriciana e cotoletta alla milanese che un italiano ordinare un carpaccio di tonno e un’aragosta alla griglia. Ma va tutto bene, anche che tornino a chiamare le pozze azzurre di Silversand "Jacuzzi" e gli isolotti di sabbia di Mayungu, "Sardegna 2". Pur di averli qui, polpi e calamari ci hanno garantito che sopporteranno perfino l'odore di creme abbronzanti
Ma non tutti gli italiani sono tornati per il clima e per il mare.

LA SOLIDARIETA’
C’è chi si occupa di solidarietà e non poteva stare un altro anno lontano dai suoi scolaretti, dai bimbi del villaggetto di capanne di fango che ha visto crescere e di cui mantiene la famiglia.
In Italia a molti di loro in due anni non è passato minimamente per il guardaroba del cervello di fare un salto alla mensa della Caritas o in un’associazione che si occupa di rifugiati. Specie ai tempi delle restrizioni, avrebbero trovato di che soddisfare il proprio istinto di fare del bene.
Ma alcuni esperti dicono che questo istinto esce allo scoperto più facilmente dove fa caldo e l’eruzione di generosità non viene bloccata da troppi vestiti addosso. Pare che anche le secrezioni sudorifere possano provocare reazioni che portano all’altruismo puro.
La verità è che come si può fare beneficenza “fai da te” in Kenya, compresa di selfie con bimbi sorridenti e madri genuflesse in ringraziamenti senza fine, non accade in nessun altro posto del mondo. Ed è sacrosanto che nelle loro lettere d’invito ci sia scritto “Volontariato”. Anzi, non si capisce come mai le autorità keniane non emettano per loro un visto speciale con scritto “Salvatori dell’Umanità in Kenya”.

CASA DOLCE CASA
Chi vive a Malindi e Watamu si era quasi dimenticato di quanti italiani, non residenti, siano proprietari di una villa, di una casetta o di un appartamento da queste parti.
Sarà che ci eravamo abituati a vedere entrare ed uscire da quelle dimore i loro sonnacchiosi ma felici dipendenti, se non le loro famiglie con numerosi parenti o anche altri turisti a cui avevano affittato in segreto le camere. Ma anche non tanto in segreto: qualche connazionale in questi due anni ha trovato la sua splendida magione in offerta su Air Bnb! Che poi, a ben vedere è quasi una buona notizia. Significa che nessuno nel frattempo se l’è venduta…
Si parla di casi limite, ovviamente. La maggior parte del personale è gente fidata che ha tenuto la proprietà in maniera (quasi) perfetta. In ogni caso era giunta l’ora di tornare per controllare che effettivamente tutto fosse a posto. La vacanza in questo senso si trasforma in un piacevole andirivieni di idraulici, riparatori di tetti di makuti, falegnami, elettricisti ed esperti di internet per togliere la villa da Air Bnb. E una volta usciti di casa, appuntamenti con commercialisti, avvocati, tappezzieri e altri professionisti che non si vedeva l’ora di poter rincontrare. E la sera, cena a casa di amici con cui poter parlare di tutte le traversie e di come sia diventata faticosa la vita in Kenya.
Per fortuna, nonostante i contrattempi e gli affanni, l’amore per questi luoghi, il profumo del calamaro sul barbecue, il personale che cucina e lava i piatti, rifà le camere e pulisce per terra, stira e fa il bucato mentre si è in piscina con una caipirinha in mano, chissà come mai...alla fine prevalgono.

L’AMORE (QUELLO VERO)
Se è difficile star lontani due anni da un amore platonico, fatto di colori, afrori, tepori, sapori, fiori e sudori, figuriamoci quando la passione investe anche il fisico. Una buona percentuale di connazionali e connazionale (e probabilmente connazionali-e o connazional#) non vedevano l’ora di riabbracciare l’anima gemella che era ormai diventata una creatura di whatsapp. Per molti (o molte, o anche molt#) di loro andava bene comunque abbracciare anche un partner nuovo, o anche abbracciarne due o tre contemporaneamente. Anche questo genere di turismo dell’abbraccio genera profitti, specialmente nel settore dell’istruzione, dato che in molti casi i destinatari delle effusioni sono studenti o studentesse (o anche studentessi o student#, ma in questo caso occhio alle effusioni in pubblico, in Kenya per l’hashtag si rischia ancora la galera).

CONTO ALLA ROVESCIA PER I LIGI
Gli onesti sono delle creature infelici. In Italia lo sono da tempo, ma ultimamente stanno esagerando. I loro amici impavidi, spavaldi e amanti del rischio (che come percentuale è minore della morte per i postumi di un’operazione per calcoli alla cistifellea) sono partiti per il Kenya e loro devono ancora aspettare, fondamentalmente perché hanno paura. Non venitemi a raccontare che lo fate perché siete retti e rispettosi delle istituzioni! Semplicemente non dormireste la notte per aver compilato una lettera d’invito falsa o aver chiesto ad un amico in Kenya di produrre un contratto d’affitto. Chi è arrivato in questi giorni assicura che in aeroporto non chiedono neanche più l’autocertificazione. Quasi quasi è ora di tornare in Kenya anche per voi, almeno non c’è il rischio che qualcuno pensi che siete No Vax!

SONO TORNATO IN KENYA E’ DEDICATA A TUTTI VOI!
 

 

TAGS: italiani kenyaitalia malindituristi kenyasatira kenya

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