L'angolo di Freddie

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Non c'è Kenya senza Tusker...meglio se 'baridi sana'

Più di un secolo di storia, l'elefante, un piacere trasversale e unico

20-06-2024 di Freddie del Curatolo

Il grande scrittore keniano Meja Mwangi, intitolò un suo romanzo “Non c’è Natale senza Tusker” (No Christmas without tusker). Allo stesso modo noi stranieri potremmo dire “Non c’è vacanza in Kenya senza Tusker”. Figuriamoci la residenza! Sembra esagerato, rispetto alle molteplici cose che si possono fare in un paese vario, meraviglioso e anche controverso come quello africano di cui vi raccontiamo ogni giorno, ma la birra nazionale è molto più di una bevanda alcolica, è un piacere inenarrabile (specie se “baridi sana”, molto fredda) se abbinata a certi momenti che diverranno indimenticabili e, nella migliore delle ipotesi, una delle piacevoli abitudini della vita all’equatore.
Senza, da questo punto di vista, voler denigrare gli astemi, che hanno già i loro bei problemi, se è vero che chi non ha visitato il Maasai Mara o l’Amboseli non può dire di aver fatto un vero safari in Kenya, chi non ha mai sorseggiato una Tusker baridi sana, non è mai stato veramente qui.
Che sia davanti ad un memorabile tramonto in savana, all’ombra di una palma in riva all’oceano indiano, su una collina di Nairobi contemplando le piantagioni di tè e caffè o nel fantastico nulla lunare del lago Turkana, una Tusker ci sta sempre bene. Per non parlare dell’effetto socializzazione: provate ad entrare in un bar locale e ordinare al banco, tra l’indifferenza generale una “Tusker baridi sana, tafadhali” (il “per favore” finale è d’obbligo…): l’atmosfera cambierà immediatamente!


Perché dunque questa narrativa e da dove arriva tale afflato?
Non è solo la birra più venduta e commercializzata dell’Est Africa dal logo inconfondibile, la Tusker ha attraversato più di 100 anni di storia di questo paese, trasversalmente e senza essere mai identificata come aliena dal contesto keniota, sia prima che dopo l’indipendenza.
La Tusker Lager venne prodotta e commercializzata ufficialmente nel 1929, ma in realtà già da una decina d’anni in Kenya si beveva la birra prodotta nell’allora Colonia dell’Impero Britannico.
Tra i primi coloni che venivano a cercar fortuna in Africa, dopo la costruzione della ferrovia Mombasa-Nairobi-Kampala, c’erano parecchi “farmisti”.
Molti di loro si dedicavano alla coltivazione del tè e del caffè, altri avevano immense piantagioni di mais, frutta e verdura.
I fratelli Hurst, Charles e George, erano agricoltori ma anche esperti produttori di birra in patria.
Dopo aver racimolato un bel gruzzolo come cercatori d’oro, decisero di investire i loro guadagni in una fabbrica di birra. Registrarono ufficialmente la loro azienda l’otto dicembre del  1922 con il nome di “Kenya Breweries”.
Il successo fu immediato, solo lo Stanley Hotel, il più prestigioso albergo di Nairobi, ne ordinava casse e casse. Dopo un anno Charles e George erano pronti a lanciare un vero e proprio “brand” sul mercato, per raggiungere tutto il Paese.
George era conosciuto come appassionato di savana e gran cacciatore di selvaggina.
Proprio nell’anno dell’apertura della “Kenya Breweries” si era trovato faccia a faccia con un leone e si era salvato per miracolo, riportando solo qualche ferita.


Durante una battuta di caccia nel 1923 però, intento a scattare delle foto ad un elefante maschio e alle sue meravigliose zanne, si avvicinò troppo all’esemplare, che gli fu addosso con tutta la sua forza e lo  uccise calpestandolo. 
I grandi elefanti maschi dell’Africa Orientale sono conosciuti come “Tuskers”.
In sua memoria, Charles Hurst decise di chiamare la loro prima lager “industriale” Tusker.
Il branding e la pubblicità partirono nel 1924, la Tusker Lager con la famosa bottiglia da 500 ml fu ufficialmente prodotta nel 1929.
La birra dell’elefante fu un successone e nel 1935, dopo aver acquistato anche una birreria dell’allora Tanganica, l’azienda divenne “East African Breweries”.
Nel 1938 la Tusker vinse il primo di tanti premi in concorsi internazionali per questo tipo di bevande.
Nei giorni dell’indipendenza, i kikuyu festeggiavano nei bar di Nairobi, nuova capitale della Repubblica del Kenya, brandendo le loro bottiglie di tusker e da allora il grande elefante campeggia in tutti i bar, ristoranti e supermercati del Kenya ed è uno degli emblemi di questo Paese, ritratto su magliette, porta bicchieri, tovaglie e muri di ogni città e sperduto villaggio keniano. Per questo non c’è Kenya senza Tusker, meglio se “baridi sana”, come ricorda anche la celeberrima canzone di Freddie e Sbringo!
 

 

TAGS: tuskerbaridi sanabirraicona

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