Storie

RICORRENZE

100 anni fa la prima tragica protesta keniana

L'arresto di un leader e l'uccisione di una donna coraggiosa e tanti altri

16-03-2022 di Freddie del Curatolo

Cento anni fa, il 16 marzo 1922 il Kenya per la prima volta si accorse di essere una terra popolata da africani e governata da bianchi e prese coscienza che unendosi e facendo valere i propri diritti, le condizioni della sua gente non potevano che migliorare.
Ci sarebbero volute battaglie, repressioni, arresti, uccisioni, guerriglie e rivolte ma alla fine il Kenya , quarant’anni più tardi, sarebbe diventato una nazione indipendente.
A Nairobi, due giorni dopo l’arresto del primo sindacalista della storia keniana, Harry Thuku, mille africani un secolo fa inscenarono uno sciopero mai visto ed in quei giorni si recarono davanti alla stazione di polizia, dove Thuku, reo di avere chiesto condizioni più umane per i lavoratori della città e delle piantagioni intorno, dopo che i salari dei contadini erano stati addirittura abbassati, era stato trattenuto in stato di fermo.
A questi mille si aggiunsero altri cittadini, chiedendo con una protesta esemplare il rilascio del loro leader. Non ascoltati, picchettarono la stazione senza assaltarla, ma per la prima volta la tensione era palpabile. Il New York Times riportò per primo la notizia di alcuni militari britannici che “erano stati costretti ad aprire il fuoco” uccidendo venti persone, motivando con l’imminente assalto dei nativi alla stazione, per liberare Thuku.
Secondo i keniani il numero di morti fu di alcune centinaia e la protesta era decisa ma pacifica.
Era stato un ufficiale esaltato o impaurito ad aprire il fuoco, provocando il caos.
Tra le prime vittime c’era una donna, Rosemary Nyanjiru che il 16 marzo sfidò i poliziotti schierati a difesa dell’ingresso della stazione, chiedendo loro di consegnare alle altre donne, seminude, le loro giacche per coprirsi. Davanti a loro, si spogliò completamente e mise i suoi stracci sulla testa, chiedendo loro di “vestire gli ignudi”. Secondo quanto riportato dai rapporti della polizia, gli organizzatori della protesta avevano messo in prima fila le loro donne, pensando che i coloni britannici non avrebbero osato aprire il fuoco. Invece le prime vittime furono proprio loro, disarmate indifese e senza neanche un vestito decente addosso.
"Gli agricoltori bianchi e i colonialisti - riportò il New York Times - dipendono interamente dalla manodopera nera per la coltivazione delle loro tenute, ma l'uomo nero non accetta di buon grado il lavoro, quindi il problema è come farlo lavorare".
A quel tempo, si stima che quattro milioni di africani erano costretti a lavorare per i 6.000 coloni britannici che coltivavano esclusivamente nelle Highlands bianche.
Per costringerli a lavorare, il Governo coloniale aveva introdotto una tassa che avrebbero potuto pagare solo attraverso la loro manodopera e chi non pagava le tasse sarebbe stato imprigionato e mandato comunque a prestare servizio in campi di lavoro.
Sono passati cento anni, il Kenya sarebbe ancora quella terra (e in parte lo è) che gli inglesi definirono “il luogo dove non esiste animale, albero o raccolto di valore economico per l'umanità che non possa essere allevato in qualche parte di esso".
Harry Thuku trascorse nove anni di prigione in Uganda e una volta scontati tornò all’attivismo politico. Il Kenya oggi grazie alle successive rivendicazioni è governato dai keniani, ma lo sfruttamento, tradotto in costo della vita, in mancanza di servizi essenziali e condizioni di vita allo stremo dettate dalle stesse istituzioni e dalla loro avidità, è cambiato solo nella forma, ma la storia tristemente si ripete, con l’aggravante che il colore di sfruttati e sfruttatori è quasi sempre lo stesso.
Oltre due milioni di persone a Nairobi vivono in maniera disumana, altri dieci milioni di keniani in altre zone del paese rischiano di morire di fame o malattie collegate alla povertà.
Sarebbe bello che questa data e la memoria di Rosemary servissero a vestire le menti ignude di sentimento e di decenza del potere, almeno per chi lottò e diede la vita perché uomini e donne di questo Paese fossero un giorno liberi.

TAGS: indipendenza kenyastoria kenyaprotesta kenyaricorrenze kenya

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