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50 anni fa l'omicidio per gelosia di un nobile italiano in Kenya

La tragica vicenda del conte veronese Piero Guarienti

04-04-2022 di Freddie del Curatolo

Esattamente mezzo secolo fa, in Kenya, si consumò il più tragico delitto di gelosia che coinvolse due europei. La vittima fu un nobiluomo italiano.
Avendo raccolto testimonianze di chi c’era e i pochi scritti negli archivi di rotocalchi italiani e cronache locali, Malindikenya.net vi racconta questa drammatica, romanzesca vicenda.
All’inizio degli anni Settanta, mentre Nairobi cresceva sempre più saldamente nelle mani e nello spirito del Kenya indipendente, con tutte le sue accezioni positive, le problematiche e le difficoltà, le cosiddette White Highlands (gli altopiani bianchi) erano ancora il regno della natura, della caccia (che sarà abolita nel 1977) e dei grandi latifondisti di origine occidentale.
Non solo gli storici britannici, come i discendenti del primo “farmista” del Kenya, Lord Delamere, i Broughton o lady Idina Sackville, ma anche molti italiani arrivati tra gli anni Cinquanta e il post indipendenza, dal 1963 in poi.
Si trattava prevalentemente di amanti della caccia e della natura che gli permetteva di praticare questa passione.
Tra di loro si contavano nobili, industriali e ricchi avventurieri.
A differenza degli inglesi, che spesso erano personaggi dal dubbio passato che nell’Africa avevano trovato una seconda opportunità, non rinunciando ad abitudini che comprendevano alcol, droga e promiscuità sessiale, gli italiani erano in genere persone di cultura o capitani d'azienda che avevano investito (anche a scatola chiusa) acquistando ettari di terreno che in parte gli stessi britannici avevano dovuto cedere su pressione del Governo, che aveva calmierato i loro possedimenti, cercando di limitarne il potere.
Tra Naivasha, l’Aberdare e Nanyuki arrivarono note famiglie che hanno fatto la storia del Kenya italiano come i Rocco, i Bisleti e i Natta (famiglia del premio Nobel per la chimica Giulio), oltre a Bruno Brighetti, musicista e coautore di una delle più famose canzoni italiane: “Estate” interpretata da Sergio Martino.
Con o tramite loro si lanciarono nell’avventura del Kenya decine di amici, compagni di battute, collaboratori, professionisti o semplicemente connazionali che avevano voglia di osare e cambiare vita.
Tra i tanti di cui presto vi racconteremo le vicissitudini, c’era anche un aristocratico veronese, il Conte Piero Guarienti, che le voci della “Happy Valley” (così erano chiamate le verdi e ondulate lande tra i laghi di Naivasha e di Nakuru) davano come un po’ decaduto o piuttosto in ambasce finanziarie in Italia. Un matrimonio traballante, affari non proprio floridi ed il bisogno di “staccare” per un po’. Arrivò come tanti con qualche raccomandazione e la necessità di trovare un’occupazione.
Furono i Mentasti, proprietari tra l’altro dell’acqua San Pellegrino, ad ingaggiarlo per curare i loro interessi in una tenuta che avevano acquistato nella zona di Kipipiri, ai bordi della magnifica foresta di Aberdare. Guarienti, come lo descrisse l’allora corrispondente del quotidiano La Stampa, era “inetto negli affari, e così pigro da non potersi alzare dal letto prima di mezzogiorno. Ma era cortese, gioviale, suonava sulla chitarra le canzonette italiane del dopoguerra, e il titolo nobiliare gli facilitò l' ingresso al Muthaiga Country Club, che negli ultimi anni dell' Impero era ancora uno dei santuari del mondo coloniale inglese”.
Soprattutto, il Conte Piero era uno sciupafemmine. La scarsa propensione dei “mzungu” di allora a mescolarsi con la popolazione locale, lo portava a cercare prede negli ambienti frequentati dagli europei, come i salotti degli hotel Stanley e Norfolk di Nairobi o nelle tante serate in dimore private che rinverdivano i fasti dei party lascivi a cui qualche decennio prima avevano partecipato anche Karen Blixen, Lady Sackville (la cui storia è raccontata nel libro di Frances Osborne “The bolter”) e Lord Erroll, il cui omicidio ha ispirato il bestseller “Misfatto bianco” di John Fox, da cui è stato tratto l’omonimo film di Michael Radford con Greta Scacchi.
Tornando a Guarienti, il piacente e brillante nobiluomo veneto in una di quelle feste dell’alta società di espatriati e residenti bianchi, incontrò una “vittima” perfetta. Elly Grammaticas apparteneva ad una famiglia di agricoltori greci che avevano fatto fortuna con le coltivazioni del tabacco in Uganda ed avevano in mano il commercio di sigarette, oltre ad occuparsi di safari (fino a pochi anni fa la famiglia Grammaticas è stata proprietaria del noto Governor’s Camp nel Maasai Mara) e di altre piantagioni nella Rift Valley. Ellis Phaedra detta Elly non era proprio una bellezza, ma cadde nelle braccia del playboy italiano con una facilità che permise a Guarienti di intessere con lei una relazione più che occasionale. I due divennero una coppia di fatto, con i genitori di lei che spingevano per il matrimonio. Come ricordò lo stesso Viola, “quando si videro in casa un conte, sia pure italiano e senza un soldo, dovettero considerare meravigliosamente conclusa la loro scalata sociale”. Mentre Elly era impegnata a mandare avanti le aziende agricole della famiglia e faceva la spola tra Naivasha e Kipipiri, il Conte non disdegnava altre avventure con il gentil sesso e riusciva ad approfittare della distanza e delle strade spesso impervie per ritagliarsi tempo per le conquiste.
Nonostante le voci arrivassero come “dall’alto una freccia scocca” nelle sale da té di Nairobi, Elly era soddisfatta dei fine settimana passati insieme al suo focoso compagno e forse accettava l’andazzo. Ma di nozze ancora non se ne parlava.
All’inizio del 1972 però l’arrivo di una giovane parente di Guarienti sconvolse la coppia. La ragazza, sbarcata in Kenya per riprendersi da un’adolescenza difficile, in poco tempo divenne molto più di una protetta da parte di “Zio Piero”.
Anche per il cieco amore di Elly questo era troppo. Galeotte, pare, furono alcune lettere da lei trovate in uno scrittoio che confermavano la passione della giovinetta per l’affascinante blasonato.
Così, una sera di aprile del 1972, la trentenne ellenica attese il suo Piero sulla soglia della casa di Naivasha imbracciando il fucile e gli chiese un resoconto completo e sincero dell’ultimo affronto alla sua dignità, questa volta addirittura vicino all’incesto.
All’ennesima sua risposta colorita (con una risata sbeffeggiante di troppo, raccontarono le cronache di allora) Elly non ragionò più. Partì un solo colpo, che raggiunse il conte Piero Guarienti all’addome e lo uccise.
Non fu legittima difesa, ma dramma della gelosia. Elly trascorse sette mesi in carcere a Nairobi, mentre un affermato avvocato di origine greca cercava in ogni modo di scagionarla.
Dall’altra parte, l’italiano non aveva parenti o cari amici che potessero in qualche modo far valere le sue postume ragioni. Sette mesi di galera in Kenya non sono mai leggeri e non lo furono per Ellis Phaedra Grammaticas. Ma la condanna fu sicuramente una liberazione all’africana: 1 giorno di prigione. Prima di Natale 1972 la donna, benché provata, era libera di tornare alla vita nella sua (ex) Happy Valley.

TAGS: delitto kenyastorie kenyaitaliani kenya

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