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La storia del pangolino liberato...con riscatto

Operazione coordinata a Ngomeni tra Kws e residenti per salvare il simpatico animale

04-01-2018 di Giovanna Grampa

Un pangolino, animale misterioso dall’aspetto primordiale ma dal carattere docile, ci ha regalato una esperienza unica ed irripetibile.
Molti esperti animalisti lo conoscono solo attraverso le foto pubblicate nei libri di etologia mentre per noi è stata una fortuna insperata poterlo osservare da vicino e vivere nel contempo una storia tipicamente africana in un villaggio dell’entroterra a ridosso delle saline di Ngomeni.
Ci avvisano della presenza di un pangolino catturato il giorno prima, sorpreso a divorare mais in quantità eccessive.
La scelta del povero animale di integrare la propria alimentazione a base di formiche e termiti non è condivisa dagli agricoltori del villaggio che decidono di catturarlo e di metterlo in una gabbia.
E questa è la versione ufficiale a cui dobbiamo credere.  
Scatta l’operazione di recupero con la supervisione del KWS, Kenya Wildlife Service: con noi la responsabile legale del settore Investigation, Mrs. Aisha, e un ranger armato. L’operazione di recupero non dovrebbe presentare rischi. Il pangolino non possiede denti e quindi non è in grado di mordere e quando è impaurito s’arrotola su sé stesso: un paio di guanti basteranno per proteggere le mani dalle scaglie che ricoprono interamente il suo corpo. E con queste certezze incontriamo Mr. Harrison, un dipendente della struttura alberghiera di Che Shale, vicino a Mambrui, che ci accompagna al suo villaggio sperduto nel bushdove siamo certi di trovare l’animale pronto e ingabbiato per la consegna come testimonia del resto una foto ricevuta la sera precedente. Ma così non è: il pangolino è sparito! Durante la notte qualcuno lo ha portato in un villaggio lontano o forse vicino, a Marafa, o forse a Sosoni, non si sa. Ci sentiamo pervadere da un certo sconforto e una semplice operazione di recupero sta diventando una faccenda misteriosa e complicata. Il KWS reclama con toni decisi quello che viene considerato un trofeo molto raro, pena l’arresto di tutti i responsabili sia della cattura che della sparizione dell’animale. Il villaggio è disorientato e si esprime con mugolii di sottofondo. Per stringere i tempi di attesa proponiamo una ricompensa che possa coprire anche i costi del "bajaj", della benzina e tutto quello che occorre per il trasporto del prezioso pangolino.
Alla parola magica “ricompensa” due ragazzi si staccano dal gruppo, corrono verso una capanna e ne escono a cavallo di una moto rosso fiammante, lucidata a specchio. Partono a tutta velocità inoltrandosi nel bush con la promessa di consegnare il pangolino massimo entro un’ora.
Scettici ci sediamo all’ombra di un albero ad aspettare, circondati da un numero imprecisato di bambini curiosi, quasi rassegnati a trascorrere gran parte della giornata in loro compagnia. Fortunatamente dopo nemmeno mezz’ora arriva una processione di moto a scortare il prezioso animaletto avvolto in una zanzariera azzurra tutto arrotolato su sé stesso come una palla.
E’ evidentemente impaurito, disidratato, affamato e viene appoggiato a terra, circondato da tutto il villaggio in festa.
Accenna a distendere le zampe posteriori fornendo così la prova del fatto di essere ancora vivo anche se terrorizzato dall’assembramento che lo circonda.
Finalmente lo carichiamo in macchina e nel frattempo riceviamo l’autorizzazione dalla Senior Warden del Parco Marino, Jane Ghitau, per il suo rilascio nella Arabuko Sokoke Forest dove ci sono le condizioni migliori per la sopravvivenza del pangolino.
Ed è proprio all’interno della foresta che lo liberiamo dopo avergli somministrato circa mezzo litro di acqua che l’animale, stremato dalle troppe ore di cattività,beve avidamente emettendo anche un dolcissimo suono di risucchio come un neonato attaccato al biberon. Idratato inizia a distendersi e finalmente possiamo ammirarlo in tutta la sua lunghezza e bellezza arcaica. Ma solo per pochi secondi perché, appena capisce di essere libero, con piglio deciso, inizia ad addentrarsi nella foresta sparendo alla nostra vista. Nemmeno il tempo per una serie di foto decenti!
Il pangolino, animale metà armadillo e metà formichiere, è ad elevato rischio di estinzione sia per il cambiamento del suo habitat causato dall’uomo ma soprattutto perché è uno dei mammiferi più colpiti dal traffico illegale tanto che si stima che negli ultimi dieci anni più di un milione di pangolini siano stati commercializzati illegalmente.
La sua carne è considerata dai cinesi una prelibatezza mentre le scaglie vengono purtroppo usate nella medicina tradizionale asiatica per curare varie malattie tra cui impotenza, cancro, eczema, reumatismi e quant’altro.
Questa buffa creatura dagli occhi teneri e da un musino così sproporzionato rispetto al corpo dalla forma tozza, vive di notte ed è per questo che è così difficile e raro poterla incontrare durante il giorno quando dorme in profonde tane che scava con le sue zampe dotate di poderosi e lunghi artigli.
Molte persone ignorano addirittura la sua esistenza ma i bracconieri ne conoscono il valore e si rendono complici di uno sterminio insensato che alimenta false credenze terapeutiche dell’animale tramite un commercio illegale verso paesi come la Cina o il Vietnam.
Un doveroso ringraziamento infine a quelle persone che hanno permesso il recupero del pangolino trasmettendo precise informazioni a partire da Justin Aniere di Che Shale , Massimo Vallarin e Adriano Ghirardello ,entrambi Honorary Wardens del KWS.
Un ottimo lavoro di squadra e il pangolino, ignaro di tutto il trambusto creatosi, ringrazia tutti per la ritrovata libertà.

FOTO GALLERY
TAGS: pangolino kenyaamici tsavoche shalengomeni kenya

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