FOTOGRAFIA
25-01-2025 di Freddie del Curatolo
E’ un lavoro molto più significativo e dai risvolti sociali di quanto possa apparire, quello del fotografo italiano Nicolò Rastrelli.
La sua mostra “They don’t look like me”, presentata ieri alla Noir Gallery di Nairobi e allestita dall’Istituto Italiano di Cultura, va ben oltre la testimonianza del fenomeno dei “cosplayer”, ovvero i giovani (e qualche meno giovane) che si travestono da eroi dei manga e dei cartoni animati giapponesi.
E’ una mostra che indaga sulle nuove generazioni, sul loro animo ed i loro bisogni.
La necessità, in alcuni casi, di inventarsi un’identità alternativa per combattere l’ovvietà e i problemi della vita di oggi, e dell’incomunicabilità, facendolo attraverso una forma sicuramente vistosa, ma anche un’espressione artistica.
Rastrelli ha già indagato con il suo obbiettivo il cosplay partendo dall’Italia, e andando poi alla “casa madre”, ovvero il Giappone, successivamente in Senegal e in India, prima di fotografare i cosplayer keniani.
“Prima di entrare in contatto con loro, in Italia, non ero né un appassionato di manga, né li avevo mai visti all’opera – confessa a malindikenya.net Rastrelli – ma scoprendo questo mondo e la coesione e complicità che c’è tra loro, ho deciso di intraprendere questo viaggio nella loro arte e in tutto quel che c’è dietro, oltre che davanti al mio obbiettivo”.
Per rendere ancora più evidente la personalità di questi giovani che spesso fabbricano personalmente i costumi di scena, Rastrelli seguendo l’ispirazione del fotografo americano degli anni Settanta John Olson, che ritrasse le rockstar di allora con i genitori, ha deciso di immortalarli con i parenti, in casa. In questo modo “They don’t look like me” diventa una mostra nella mostra e crea diversi argomenti di discussione e motivi di riflessione.
Davanti ai nostri occhi ci sono scatti realistici e allo stesso tempo spontanei e studiati, dove alla fiera padronanza del loro personaggio, da parte dei protagonisti, si contrappongono sguardi spesso dubbiosi, increduli o rassegnati dei genitori. Anche solo per il fatto che il fotografo sia entrato nel loro mondo.
Questo rende la mostra del fotografo di Firenze ancora più interessante, unita alle situazioni e agli arredamenti delle case.
“Viaggiando mi sono reso conto di come ci siano moltissime analogie tra cosplayer del mondo – spiega Rastrelli – ma anche delle particolarità. Oltre al bisogno di superare la propria timidezza e di sentirsi a proprio agio nei panni di un improbabile altro, in Kenya ho trovato anche l’elemento che unendo questi giovani, fa superare loro anche le barriere della diversità sociale ed economica. Il cosplay diventa un modo per sentirsi uguali in un Paese affascinante in cui ho notato molti contrasti”.
Un riscontro dato anche da Lawrence, uno dei cosplayer ritratti da Rastrelli e presenti all’inaugurazione della mostra, che resterà visibile gratuitamente fino al 28 gennaio.
Prossima tappa, per Rastrelli, Città del Messico, poi “sarebbe bello che da questi viaggi fotografici e da questi costumi, ne uscisse un libro”. Con la promessa che verrà presentato anche in Kenya.
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