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Coronavirus: ecco come il Kenya ha attivato i controlli

Aiuti internazionali, task force e test: il punto della situazione

17-02-2020 di redazione

Dopo che i primi due casi sospetti di Coronavirus in Kenya sono stati isolati a Mombasa e Nairobi e che le strutture private hanno garantito le analisi che sono state spedite in Sudafrica per la diagnosi, il Kenya ha velocizzato il processo di adeguamento ai controlli internazionali per diagnosticare subito il virus che sta mietendo vittime in tutto il mondo e qualche giorno fa ha segnalato il primo caso letale nel Nord Africa, in Egitto. Non a caso il Paese africano fa parte dei cinque che hanno formato una task force per contrastare la diffusione del virus.
Prima mossa: sono stati richiesti direttamente i test da effettuare nel Paese, per non dover attendere un minimo di 48 ore per gli esiti (Sudafrica e Senegal sono le uniche nazioni ad avere centri specializzati di diagnosi per infezioni importanti, ma poco a poco altri dieci Paesi africani si sono aggiunti e hanno gli strumenti necessari) e più attrezzature per disinfettare aeroporti e luoghi pubblici.
In più il Kenya beneficerà da questo mese di parte dei fondi messi a disposizione per l’Africa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero 675 milioni di dollari per proteggere gli stati con sistemi sanitari pubblici non adeguati.
Con il Kenya saranno aiutati Angola, Algeria, Costa d’Avorio, Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Ghana, Mauritius, Nigeria, Sudafrica, Tanzania, Uganda e Zambia. Tutti Paesi che, tra l’altro, hanno avuto fino a poco tempo fa stretti contatti con la Cina.
«Il rischio e la probabilità di avere un’epidemia in Africa sono molto, molto alti», ha dichiarato Ambrose Talisuna, responsabile del team dell’Organizzazione mondiale della sanità che si occupa delle emergenze nel continente.
Per questo motivo, da qualche settimana, i sistemi sanitari africani si stanno preparando alla nuova minaccia proveniente dalla Cina (dove ha già fatto quasi 2000 morti). Pazienti sospettati di aver contratto il coronavirus sono stati messi in quarantena anche in Etiopia Costa d’Avorio e Botswana.
Nel frattempo l’Africa Center for Disease Control and Prevention (Africa CDC) di concerto con l’OMS ha creato appunto una Task Force apposita per il Continente Nero, formata da Senegal, Kenya, Marocco, Nigeria e Sudafrica, viste non solo come nazioni più preparate ed equipaggiate rispetto ad altre ma come aree geografiche di sorveglianza. La Task Force sta già lavorando alacremente ai punti d’ingresso di ogni Paese (per il Kenya quelli internazionali sono solo 2, Nairobi e Mombasa) per migliorare gli screening e prevenire infezioni ed eventuali contagi, oltre che organizzare i sistemi sanitari locali in modo che sappiamo come gestire le persone con nCoV in forma grave.
«Sappiamo che questi sistemi sanitari sono fragili e sono già alle prese con numerose epidemie. Per noi, è fondamentale rilevare il coronavirus il prima possibile in modo tale che si possa prevenire la diffusione all’interno delle comunità», ha affermato Michel Yao, responsabile del programma Oms per le operazioni di emergenza in Africa.
Agli operatori sanitari è stato insegnato come comportarsi di fronte a persone con infezione sospetta o confermata. Sono stati inoltre istituiti team di gestione dell’incidenza nel Paese.
C’è da dire che “grazie” all’esperienza del virus Ebola, il Kenya come altri Paesi limitrofi e non lontani dal Congo, sono preparati con infrastrutture di isolamento, si tratta solo di agire in maniera specifica per questo nuovo terribile virus.

TAGS: coronavirus kenyasalute kenyasanità kenya

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