Due giorni per rilanciare Malindi, promuovendola e raccontandola alla platea passeggiante internazionale di uno dei centri commerciali più frequentati della capitale Nairobi.
L’emergenza sanitaria non ancora terminata in Europa, i timori delle nuove varianti e la perdurante chiusura dell’Africa da parte dell’Italia e di altre nazioni occidentali, convince sempre più le attività delle destinazioni costiere a cercare una clientela diversa da quella che negli anni passati ha fatto la fortuna di Malindi e Watamu. Proprio queste località, in forza dei numeri di italiani e inglesi soprattutto, in passato hanno snobbato il potenziale di una città sempre più ricca come Nairobi.
Di questo disinteresse ha approfittato un’altra splendida località, Diani Beach che dopo aver vissuto anni di oscurantismo, specialmente dopo le sanguinose sommosse di Likoni nel 1997, si è piano piano ricostruita con intelligenza un’immagine internazionale, puntando proprio sulla crescita di Nairobi e delle altre capitali africane, oltre che sul turismo americano e su quello del Nord Europa e francese.
La pandemia ha colpito tutti ma è indubbiamente stato il turismo interno a salvare parecchie “baracche” e ora che le restrizioni sono ridotte al minimo (in attesa dell’inevitabile ma non verosimile a breve gittata passaporto vaccinale) tutte le attività che hanno resistito stanno ripartendo in grande stile. Chi aveva chiuso i battenti sta riaprendo, chi ha tenuto duro inizia a raccogliere i frutti di questa politica. Anche noi di Malindikenya.net ci siamo aperti a questa nuova politica del turismo, cercando di creare un collegamento tra la costa nord del Kenya e Nairobi, trasferendoci per un mese nella capitale e tessendo rapporti con addetti ai lavori e potenziali frequentatori di Malindi e Watamu. Non solo turisti, ma anche investitori, aziende che intendono organizzare eventi, conferenze ed altro. Crediamo che con il supporto di altri hotel e ristoranti, come quello che ha portato al weekend al Village Market, si possano ottenere risultati tangibili per tanti. L’importante è essere uniti (cosa difficilissima per le attività italiane) e cercare di portare l’italianità come un plus valore, un’eccellenza all’interno di destinazioni di respiro internazionale. In questo Watamu è decisamente avanti, grazie ad una tradizione imprenditoriale britannica, mentre Malindi sta iniziando ora. In secundis, abbandonare le idee e i concetti da "Italiani per gli italiani" e cercare di capire il mercato del Kenya, che non è fatto solo di keniani, ma di indiani, arabi, orientali, europei dell'est e via dicendo. Internazionalizzarsi non è facile, ma molte attività anche di connazionali a Nairobi lo hanno fatto e oggi ne raccolgono i risultati.
Durante questo mese nella capitale abbiamo anche frequentato, studiato e capito metodi, opportunità e nuove derive del settore e se il buon giorno di questa iniziativa, che ha avvicinato centinaia di persone in due giorni di contatti, delucidazioni, approcci ed indirizzi (con l’esca dei biglietti omaggio offerti dalla compagnia aerea locale Safarilink), si vede dal mattino, siamo sulla strada giusta e ci aspettiamo che altri attori dell’hospitality costiera si uniscano e contribuiscano a rafforzare una nuova immagine delle nostre mete turistiche.