Editoriali

L'EDITORIALE DI FREDDIE

Perchè Mr. Bean è un idolo dei keniani?

Una sorprendente empatia, tra 'quotes' e alibi

14-09-2023 di Freddie del Curatolo

Curiosando tra i “miti” moderni e i riferimenti per le ultime generazioni keniane, pare naturale constatare che i rapper americani e quelli continentali abbiano la meglio, insieme con attori di Hollywood e protagonisti di serie Tv, meglio se afroamericani. Nulla di strano sotto il cielo equatoriale, dove brillano come portabandiera di “quotes” (le citazioni) e pensieri, i matatu, mezzi di trasporto assurti a filosofie spicciole viaggianti. Come racconto nel mio libro “Nairobi”, “artisti pop, provocanti starlette, predicatori, criminali o personaggi del passato sono abbinati a frasi della Bibbia o del Corano, strofe di canzoni o detti celebri. Sulla

Kenyatta Avenue il rapper 50 Cent sorpassa in curva Che Guevara, mentre Beyoncé accosta e chiude il varco a Pablo Escobar”. Poi c’è “Bella Ciao”, non un inno partigiano, ovviamente, ma la sigla della “Casa di carta”, ma anche un manga giapponese e Thor che più biondo e cornuto non si può. Come dire, vanno bene anche idoli occidentali o orientali, agli antipodi dell’Africa, basta che abbiano in sé qualcosa che profumi di sopravvivenza, di potere, di rivolta o di scaltrezza al confine col crimine.

In tutto questo, cosa ci azzecca Mister Bean?
Di fianco al palestratone nero con catenazze d’oro e posa alla Ibrahimovic o alla superaccessoriata starletta afroamericana, il bianchiccio disadattato britannico sembra una provocazione da razzismo all’incontrario, della serie “cari mzungu, ecco come vi vediamo: sfigati e gracilini, vecchi dentro e inoffensivi”.
Ma ancora una volta i keniani stupiscono con le loro inaspettate valutazioni.

Facendo una ricerca sul campo e approfondendo, mi sono reso conto che il personaggio creato dall’attore di Newcastle Rowan Atkinson, è un punto di riferimento per il keniano della strada. Vuoi per le risate che provocano i suoi film e le sue gag, vuoi perché, benché un po' matto e "freak", nel mondo occidentale "di successo" a cui spesso si guarda, rappresenta l'emarginato felice e a suo modo strafottente, ma soprattutto l'empatia con lo stralunato british scatta proprio per le sue sentenze, gli aforismi.
Le famose “quotes” a cui i keniani sono così affezionati da scriverle dappertutto.
Quella di motti e sentenze, è un’abitudine, d’altronde, che il popolo keniano si porta fin dall’infanzia, dato che è abitudine per ogni scuola a partire dagli asili, avere un suo motto, prima ancora che una sedia e un banco per ogni studente.

Ecco quindi che in un tuk-tuk piuttosto che sulle pareti di un negozietto di vestiti, sulla maglietta autostampata di una mama che vende verdura al mercato o sul copriruota di una bicicletta, appare una delle massime dell’ometto con gli occhi a palla. Fino ad arrivare ad una compagnia di matatu di successo che, con Mr. Bean graffitato sulle pareti e salutante sul retro dei mezzi di trasporto, ha visto moltiplicare in poco tempo le sue fortune. E il proprietario non è certo un cittadino britannico.
Ma quali sono le frasi per cui i keniani si identificano con la creatura di Atkinson e non, com’è stato per anni, con Bob Marley, Nelson Mandela e profeti simili?
Do recente su un tuk-tuk a Mombasa c’era una sua grande foto e accanto le sue parole: “godetevi la vostra compagnia, invece di aspettarvi che qualcun altro vi renda felici” e “stare seduti da soli e godere della propria compagnia è meglio che essere circondati da persone false”.
Un “bianco” più sfigato di chi è nato in condizioni poco più che miserrime, può rincuorare, certo.
Ma anche le brevi massime riprese in maniera più ironica e graffiante dai matatu, fanno capire il perché quest’empatia vada al di là della risata e dell’eventuale sbeffeggio.

“Forse non ho cervello, ma ho un'idea”, scritto su uno dei piccoli bus, ad esempio suona come una seconda possibilità, mentre “Il più grande piacere della vita è fare ciò che la gente dice che non si può fare” diventa uno slogan per turbolenti al limite. Molto keniano è anche ciò che ho visto scritto su un muro, accanto alla faccia dell’uomo fagiolo:  “Se non puoi batterli, unisciti a loro. Se non funziona, corrompili”.  Curiosando in rete, pare proprio che l’abbia pronunciata lui, e non un ex ministro delle finanze locale.

Su un altro matatu, il “quote” era: “Se all'inizio non ci riesci, beh, non ha senso riprovarci”. E qui, per un keniano, l’alibi è servito e in questo senso il signore pallido e un po’ autistico che vive nel paese degli ex colonizzatori, ha tante frasi che possono confortare, ad esempio: “a volte la soluzione migliore a un problema è smettere di partecipare al problema". Tiè!

L’importante, alla fine, tra condivisioni ed interpretazioni a proprio uso e consumo, è non perdere l’accoglienza e la simpatia tipica di queste parti, perché Mr. Bean dice anche che “il mondo è un posto migliore quando si sorride".

TAGS: matatutuk tukcitazionibritish

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