ITALIANI IN KENYA
03-01-2025 di Freddie del Curatolo
Gli innamoramenti della “seconda età” sono spesso quelli più seri, appaganti, sereni. Pur perdendo l’irrazionalità, il trascinante afflato emotivo della più vergine passione, acquista di valore con la saggezza, la condivisione e la voglia di riscoprirsi capace di amare, questa volta con cognizione di causa.
A Diego Masi, imprenditore lombardo della comunicazione, ex parlamentare e sottosegretario con delega all’immigrazione, deve essere capitato un po’ questo, con il Kenya. Non il “mal d’Africa” da cartolina o anche di blixeniana memoria, non la retorica del “aiutiamoli, poverini”, ma qualcosa di più profondo e concreto, pur partendo dalle stesse pulsioni e dalla medesima sensibilità.
Quest’anno il suo approccio fattivo e intelligente al Kenya è diventato maggiorenne.
Galeotto fu un viaggio a Nairobi, diciotto anni fa, quando Masi e la moglie Daria visitarono le baraccopoli della capitale Nairobi e si resero conto che, con un approccio più razionale che pietista, con visione e programmi più che riso e caramelle, avrebbero potuto fare qualcosa per migliaia di bambini che vivono in condizioni al limite della sopportabilità e della decenza umana.
“Da allora, per me il Kenya è questo – racconta Masi a malindikenya.net – ci crede che in quasi vent’anni avrò fatto sì e no due safari, e che non sono mai stato sulla costa?”.
C’è da crederci, vedendo cosa ha realizzato tra Korogocho, lo slum da cui padre Alex Zanotelli fece conoscere all’Italia la disperata realtà degli slum africani, e Utawala, dove ha messo in piedi un children center modello e una scuola professionale di cucina.
Tutto questo sotto un nome “Alice for children”. Un’Alice diciottenne che non ha mai vissuto nel paese delle meraviglie, ma in un sottobosco di difficoltà dove bisogna partire dai fondamentali: sanità e istruzione, e dai pilastri africani della famiglia e della comunità.
“Ad oggi, sosteniamo a più livelli circa tremila e cinquecento bambini, per lo più orfani – spiega Masi – ed è sempre pochissimo rispetto a quella che è la situazione dei quartieri poveri di Nairobi, per non parlare del Kenya e dell’Africa intera”.
Masi ha scritto anche libri, ha un blog (exploding Africa) e un canale youtube da cui esprime il suo pensiero sul futuro del “continente giovane”, sugli abusi neocoloniali, sull’immigrazione e la solidarietà non fine a sé stessa. Nel suo volume “Eurafrica” indica una via possibile per “salvare l’Europa salvando l’Africa”.
Alice for Children negli anni ha costruito scuole negli slum, lavorando di concerto con associazioni, comunità e istituzioni locali.
“Abbiamo costruito scuole negli slums per garantire ai bambini e alle bambine un’educazione completa e di qualità, che li segua dall’asilo al mondo del lavoro oltre che assicurare loro assistenza medica e il sostentamento alimentare quotidiano - spiega Masi – per me sono come figli, negli anni ho imparato a conoscere il loro modo di affrontare le difficoltà della crescita e di rapportarsi con gli altri. I nostri progetti puntano ad educarli e formarli per renderli un domani autosufficienti e capaci di gestire le sfide e le difficoltà che questa società impone loro”.
Abbiamo visitato il centro di Utawala, una struttura-modello in uno dei sobborghi satellite di Nairobi, dove molti orfani, dal 2007, hanno intrapreso un percorso grazie alla Ong italiana, che ha visto molti di loro trovare impiego nei settori del digitale e della tecnologia, nella ristorazione e nell’alberghiero.
La scuola di cucina, in particolare, è un esempio di come il sostegno ai piccoli studenti attraverso l’istruzione e il sostentamento, sia monca senza fornire loro la possibilità di una specializzazione. Ogni anno ad Utawala arrivano dall’Italia insegnanti di cucina e importanti chef vengono a fare masterclass. Chi consegue il diploma, quasi sempre trova impiego in ristoranti o nel settore turistico, altri addirittura aprono piccole realtà in proprio. Oltre a loro, grazie alla collaborazione con un’associazione locale, il children center ospita un centinaio di bambini senza genitori, o provenienti da famiglie disagiate per i quali si punta comunque al reinserimento parziale o graduale.
“Ogni volta che torniamo è un bagno di realtà e sono nuove sfide, ma è anche l’occasione per rendersi conto di una crescita costante e della percezione che hanno le comunità di Korogocho e Utawala rispetto ai nostri progetti e alla filosofia di Alice for Children – racconta l’ex parlamentare – un’opera possibile grazie all’aiuto di tanti volontari e donatori italiani che hanno potuto vedere e comprendere quello che facciamo”.
Non solo, i volontari vengono anche introdotti ad altre dure realtà di Nairobi che devono essere vissute per essere comprese senza le lenti deformate dei luoghi comuni del "poverini loro", come quella della discarica di Dandora e dei suoi lavoratori informali. Realtà che Masi frequenta da anni, conosce bene ed aiuta sempre nella sua maniera lucida, rispettosa e concreta.
Nell’ultima festa di fine scuola a Korogocho, a cui ha partecipato anche l’ambasciatore d’Italia, Roberto Natali, le istituzioni locali hanno preparato una sorpresa a Diego e Daria, intitolando loro il parco di una scuola dello slum. Un’oasi di verde speranza all’interno di una realtà difficile, proprio come da 18 anni è Alice for Children a Nairobi.
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