RACCONTI
08-08-2013 di Hilary Mazzon
Questa storia parla di un sogno e della felicità nel vederlo realizzato.
Di quella felicità che si prova poche volte nella vita, quella che quasi fa paura, perché è un sentimento sconosciuto e raro a cui non siamo abituati.
Quella che riempie gli occhi di lacrime indecise e confuse, tra gioia e timore.
Della gioia per il raggiungimento dei propri obiettivi e del timore per un’emozione sconosciuta, per quel futuro che si era sempre e solo desiderato, ma che sembrava irraggiungibile.
La realizzazione di un sogno è un qualcosa di unico, e vederla concretarsi in un’espressione sul volto di un’altra persona è qualcosa di speciale.
Sapere di far parte del mondo che ha reso possibile quella felicità, guardarla da vicino e sentirne l’odore, è semplicemente stupendo.
È una magia.
È un sentimento virale, che invade e pervade tutti quelli che gli sono attorno.
Ho fatto parte della realizzazione del sogno di qualcuno e voglio raccontarlo, perché è importante far sapere che può succedere, che non bisogna mai perdere la speranza.
Era un giovedì mattina.
La giornata era iniziata come tutte le giornate in Kenya iniziano: in ritardo.
Per quanto ci si svegli prima del sorgere del sole, per quanto si tenti di prevedere ogni ritardo ammettendo l’esistenza di forze soprannaturali, l’imprevedibile è sempre alle porte e i ritardi si accumulano irrimediabilmente.
Sotto questo punto di vista quel giovedì 7 agosto non aveva nulla di diverso.
Eravamo in macchina per Baolala, uno dei pochi incroci che si trovano sulla strada che da Malindi porta allo Tsavo, viaggiavamo con una buona mezz’ora di ritardo, io, Gianfranco (il presidente di Karibuni Onlus), Kanai (il farm manager) e il fidato Gerald, un amico e consulente per i progetti di Karibuni a Langobaya.
Avevamo appuntamento con la Dott.ssa Anisa Omar, direttrice sanitaria del Kilifi County, nel dispensario di Baolala, dove a pochi metri era già pronta una nuova struttura: un ospedaletto da 25 posti letto.
Da qualche tempo l’equipaggiamento ospedaliero era lì, nuovo e pronto all’uso; ma come spesso purtroppo succede, tutto era per mesi rimasto impacchettato e chiuso a chiave nel futuro ospedalino.
Per dirla con le parole del Presidente della Onlus, Gianfranco Ranieri, una storia alla “striscia la notizia”: un ospedale nuovo pronto per l’uso, ma che per qualche insignificante intoppo burocratico o mal-comunicazione è rimasto chiuso per mesi.
Una vergogna!! Persone malate (quelle che hanno bisogno di un ospedale) dovevano continuare a percorre chilometri a piedi, o donne prossime al parto che devono camminare magari 6, 8 o 10 km per raggiungere il primo centro che le ammetta.
Grazie a Karibuni Onlus, la Dott.ssa Anisa ha potuto velocizzare l’apertura del centro e contemporaneamente realizzare il sogno di una persona.
Potrebbe sembrare una cosa da poco, una minuzia, ma per noi romantici è tutto.
Quell’espressione sul viso di Sarah Pendo Uhuru cambia tutto e ci da la forza di continuare a fare quello che facciamo.
Quello sguardo è la nostra benzina e il segno che siamo al posto giusto a fare la cosa giusta.
Sarah si è diplomata in infermieristica grazie a una borsa di studio di Karibuni Onlus, e sarà la nuova infermiera del centro di Baolala.
Il suo nome vuol dire Amore, quello che ha sempre desiderato infondere nel prossimo, che le ha fatto desiderare di diventare quello che è adesso.
Come tanti suoi coetanei Sarah Pendo Uhuru ha avuto una vita travagliata e difficile ma tanta determinazione e un pizzico di fortuna l’hanno portata dov’è ora.
Il suo sogno era di assistere le mamme durante il parto. Da ragazza a casa della zia aveva assistito alla morte di un neonato venuto alla luce troppo presto e di una madre che era troppo lontana da un ospedale.
Ha promesso a se stessa che avrebbe fatto tutto quello che le fosse stato possibile per permettere alle altre donne come lei di vivere il momento più importante e bello della vita, il dare la vita a un’altra persona, senza lo spettro della morte nella mente.
In Kenya ogni anno sono riportati 4,700 casi di morte durante il parto.
Questi sono i dati ufficiali.
Poi ci sono quelli non ufficiali, di cui nessuno sa niente, delle aree rurali e più vulnerabili.
Le cause per cui sono ancora troppi i parti in casa sono molteplici, da una parte i fattori culturali, dall’altra le distanze, e più importante di tutti la povertà e la mancanza di facilità.
E, anche se da aprile il governo ha reso gratuito il parto in strutture sanitarie pubbliche, non bisogna dimenticare le difficoltà della classe sociale più vulnerabile, che ha bisogno di assistenza più di altre, che deve affrontare i costi del trasporto o dei medicinali.
Di certo non si può pensare di cambiare il mondo in un giorno, il sistema lo si cambia passo dopo passo, successo dopo successo, fallimento dopo fallimento.
Quello che è certo è che in un giorno è stata cambiato il destino di una persona e di altre mamme che vivono in quell’area.
Sarah Pendo Uhuru è un esempio e forse anche un buon presagio: “Nomina sunt omina”, mi diceva la mia professoressa di latino e greco.
Se così fosse, Baolala avrà “Amore” e “Libertà”… non credo ci sia un augurio migliore.
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