AMICI DELLO TSAVO
12-09-2020 di Giovanna Grampa
Dopo sei lunghi interminabili mesi finalmente di nuovo in Kenya, nella terra dei nostri sogni, delle nostre passioni e delle meraviglie dimenticate. Sono stati giorni difficili, rinchiusi docilmente in casa, imbavagliati con le mascherine anche a quaranta gradi, agli arresti domiciliari forzati, il terrore come sentimento collettivo. Il coronavirus ha cambiato abitudini e libertà mettendo in crisi il nostro modello di vita che credevamo intangibile. Grazie a questo mostro invisibile non solo il corpo è finito in una scatola, ma anche la mente predisponendoci ad un costante atteggiamento rinunciatario, alimentato da una esasperazione mediatica della pandemia ad opera di tuttologi, sempre presenti sui media e sui social network. E’ veramente difficile vivere in questo contesto senza certezze sulle criticità da superare, in un clima di terrorismo sanitario, bombardati da notizie angoscianti. Come un prigioniero aspetti solo il momento di evadere, di rompere quel vetro che ti isola dal mondo per respirare nuovamente l’aria della tua vita. Che bella sensazione risalire su un aereo che corre nel blu di nuvola in nuvola: certificato Aire, tampone negativo e un biglietto aereo mi hanno permesso di coniare il mio personale slogan “io non resto a casa”. Le valigie erano pronte da mesi.
Arrivata a Mombasa avrei voluto inginocchiarmi per baciare la terra: un’aria profumata e tiepida mi ha subito avvolto in un abbraccio virtuale di benvenuto, coccolandomi. Ero lontana da tutto, dall’Italia, dalle sue paure, dalle mie inquietudini. Per chi vuole essere libero non c’è catena che tenga e la lontananza dall’Africa mi aveva inaridita: solo il ritorno in savana mi avrebbe completamente rigenerata.
Un’aria di sospesa aspettativa mi ha pervaso già nel percorrere la Tsavo road, la strada che porta all’entrata del parco: rivedo con occhi nuovi il paesaggio, i grandi orizzonti, il cielo immenso e profondo, facendo il pieno di aria africana. Mi basta il profumo gentile ed inebriante della savana per apprezzare nuovamente la dolcezza del vivere. L’Africa ha su di me un effetto straordinario.
Con l’avanzare della stagione secca iniziano a mutare i colori e con essa l’intera morfologia del paesaggio. Il verde sbiadisce per sfumare in giallo-beige e il paesaggio diventa secco e polveroso con sfumature attenuate, subendo incredibili trasformazioni. Chiudo gli occhi e cerco di rivivere le sensazioni di colori, odori, animali semplicemente come le ho sempre vissute, aspettando che la magia trovi una nuova eco. Il mio desiderio prende forma davanti ad un gruppo di elefanti intenti a bere in un laghetto ormai ridotto dalla mancanza di pioggia. Tra le zampe delle femmine più adulte, cuccioli di pochi mesi in attesa che le loro madri finiscano di dissetarsi. Li osservo dal finestrino della macchina, pervasa da un senso di pace. Se ne vanno poi con la loro andatura da sonnambuli, in fila indiana, con i loro movimenti lenti sempre accompagnati dallo sventolio delle orecchie e la loro abitudine di raccogliere del terriccio con la proboscide per farsi delle docce di sporco sulla testa e sui fianchi. I piccoli approfittano per giocare tra loro e mimare lotte titaniche, avvolti da nuvole di terra rossa impalpabile. Quanto mi sono mancati! Ho quasi la sensazione che alcuni di loro mi stiano guardando per darmi il benvenuto dopo tanti mesi di assenza.
Le ore passano, la meraviglia e la felicità per essere qui invece non si attenuano minimamente: le passioni in Africa non scoloriscono. Giraffe dal fare curioso staccano foglie carnose evitando le spine acuminate mentre branchi di zebre pascolano silenziose e più distanti. Gli animali sono tutti tranquilli, rilassati quasi stupiti nel vedere una macchina che li osserva. Non ci sono turisti, solo qualche auto privata e da mesi vivono la loro vita senza rumori, senza stress, circondati solo dai suoni della savana e dal vento.
Troviamo una famiglia di leoni, pigri e appisolati, che hanno appena finito di banchettare. I musi sono sporchi di sangue coagulato e la rotondità delle loro pance non lascia dubbi. I piccoli leoncini giocano tra loro: sembrano orsacchiotti, maculati come gattini.
Gli struzzi fuggono disturbati dall’unico motore capace di rompere l’incanto del silenzio e con la loro andatura veloce e scoordinata ce li ritroviamo spesso davanti alla macchina, in mezzo alla strada.
Intorno a noi l’erba è bruciata dal sole africano, il vento è leggero ed avvolgente mentre il silenzio è magico ed emozionante. Il cielo è nuvoloso e sembra minacciare una vaga promessa di pioggia ma l’acqua così tanto attesa non arriva. La luce per fotografare non è certamente delle migliori ma non siamo alla ricerca della foto dell’anno ma solo di bellezza e incanto.
Un numero generoso di erbivori bruca su un tappeto di terra riarsa: sono centinaia tutti mischiati pacificamente tra loro. Impala, gazzelle, eland e kongoni con i loro cuccioli nati da pochi mesi che trottano festosi vicino alle madri. Tra loro colpisce il colore più chiaro del manto di un animale simile al kongoni: un rarissimo hirola, riconoscibile anche per la caratteristica mascherina sul muso a forma di occhiali e dalla coda bianca. E’ un animale in via di estinzione e ne esistono solo pochi esemplari all’interno del parco. Certamente si sente troppo osservato: si fa ammirare per un po’ e poi timidamente si allontana per nascondersi dietro un cespuglio forse consapevole della sua rarità.
Dopo cena ci ritiriamo nella tenda del lodge di Ashnill ad Aruba: il nostro piccolo paradiso privato. La luna splende alta nel cielo e davanti a noi alcuni elefanti bevono nella pozza. Sgomitano tra loro, lanciano sonori barriti di saluto e di sottofondo un costante vibrante brontolio rafforzato dal generoso gorgoglio dell’acqua nelle loro proboscidi. Nell’aria il loro odore acuto e pungente e da lontano il richiamo inconfondibile di una iena. Come è lontana l’Italia con le sue paure: mi sento fortunata e felice di poter registrare quella straordinaria vita intorno a me.
Nasce un nuovo giorno e alle prime luci dell’alba siamo nuovamente alla ricerca di emozioni. La savana sembra aver rallentato i suoi ritmi. Gli animali forse stanno ancora dormendo: non devono nascondersi per stare in pace dall’assillo dei turisti e possono vivere la loro vita senza frenesia, in armonia con la filosofia del polepole africano. La mattinata consacra il trionfo dei cuccioli: ogni famiglia di elefanti sta crescendo minimo tre-quattro piccoli nati da qualche mese e le loro madri mostrano mammelle gonfie di latte. Leoncini ben pasciuti vengono allattati da leonesse in ottimo stato di salute mentre le giraffe, madri meno affettuose, guardano circospette la loro prole. Lungo il fiume anche gli ippopotami hanno il loro bel da fare nel proteggere i piccoli inesperti e indisciplinati, nonostante la loro mole. Il coronavirus, con i suoi divieti e regole da rispettare, ha creato per tutti gli animali condizioni ottimali per far nascere, crescere e accudire un bel numero di neonati, fortunati anche per non aver conosciuto la presenza invasiva della razza umana.
Riavvicinarsi alla natura, desiderarne i profumi e gli spazi è stato per me come riappropriarmi della mia libertà vitale mentre all’interno del parco ogni cosa resta immutata come se il tempo non riuscisse ad intaccare la millenaria bellezza con la sua magia terapeutica.
(foto Adrivanna)
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