AMICI DELLO TSAVO
10-01-2019 di Giovanna Grampa
Molti hanno potuto avvicinarla con molta cautela per accarezzarla, sotto gli occhi vigili dei collaboratori del centro David Sheldrick di Tsavo.
Qualche anno fa aveva fatto il suo ingresso nella struttura di Voi piccola e indifesa, orfana di madre, spaventata e terrorizzata.
E’ la storia di Ngulia, una cucciola di zebra che è cresciuta a contatto con l’uomo, con piccoli elefanti, bufali ed eland orfani, ma decisa a farsi rispettare fin dai primi giorni mostrando i suoi bianchi denti squadrati e pronti a dare dei bei morsi a quanti si fossero avvicinati troppo a lei.
Col tempo la piccola Ngulia si è però affezionata a poche persone, per lei ritenute fidate, che l’hanno nutrita con biberon di latte molto energetico, l’hanno ritirata ogni tardo pomeriggio in una stalla a lei riservata, per portarla poi ogni mattina in savana, accompagnata sempre dal suo tutore, a brucare erba fresca.
Una vita decisamente comoda, ben protetta dall’uomo e dalle insidie dei predatori. Ngulia è cresciuta negli anni, ritirandosi ogni sera dopo il suo biberon, dormendo tranquilla e ascoltando il ruggito dei leoni in lontananza senza alcun tipo di preoccupazione.
E tutto questo per più di quattro anni.
L’idea di correre libera nelle vaste pianure dello Tsavo non la sfiorava minimamente tanto che si pensava che soffrisse della classica sindrome di Peter Pan, ammesso che possa essere definita così anche per gli animali. Ngulia, la zebra che non voleva diventare adulta, l’eterna coccolona che non voleva andarsene per correre felice nelle distese della savana.
Purtroppo per lei, poco tempo fa nella sede centrale di Nairobi è stata presa la decisione finale di inserire Ngulia tra i suoi simili, una scelta difficile ma doverosa. Ogni animale soccorso dal centro Sheldrick deve essere integrato in savana e non può diventare un animale domestico.
E mai decisione fu più sofferta anche se ormai Ngulia è decisamente un animale adulto, considerando che una zebra già all’età di circa due anni è fertile e in grado di procreare.
E per renderla riconoscibile, il veterinario del KWS taglia, in modo indolore, un piccolo triangolo di pelle all’orecchio sinistro della povera zebra per identificarla con facilità durante il successivo monitoraggio.
Con una certa dose di tristezza e di apprensione Ngulia viene portata in savana, vicino ad un branco di zebre e rilasciata.
Dapprima è timorosa, muove i suoi primi passi verso la nuova vita quasi a stento.
Si gira per ritornare dagli uomini che l’hanno accudita, ma non può più rientrare al centro.
Deve raggiungere i suoi simili e imparare da loro come vivere in savana tra mille pericoli e insidie.
Finalmente raggiunge il branco che subito la circonda, la studia e l’accoglie festoso come un figliol prodigo.
Poi Ngulia sparisce insieme alla sua nuova famiglia.
Per ben due settimane si rende irreperibile con l’ansia crescente di chi l’aveva sempre accudita.
Ogni volta che vengono segnalati leoni che stanno divorando una preda, il cuore si ferma solo al pensiero che possa essere lei la vittima.
Finalmente dopo tanto cercare eccola, nell’area di Aruba, con il suo orecchio mozzato, in mezzo al branco, mentre bruca serena.
Sentendosi chiamare, alza la testa rivolgendo un cenno di saluto ai suoi amici umani. Sembra felice, forse già circondata dalle attenzioni di molti pretendenti e tra questi dello stallone che la renderà madre.
Lunga vita a Ngulia e alla sua futura prole.
E se qualcuno, visitando il parco dello Tsavo East, dovesse vedere una zebra con l’orecchio sinistro mozzato a triangolo avrà la certezza di osservare Ngulia e forse chiamandola lei alzerà la testa per salutare, magari mostrando anche i suoi bei dentoni bianchi e quadrati come era solita fare al centro Sheldrick di Voi.
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