AMICI DELLO TSAVO
06-07-2022 di Giovanna Grampa
Lo Tsavo soffre e gli animali sono in difficoltà come ogni stagione secca ma, quest’anno, la situazione sta diventando molto critica.
Sono giorni difficili e la durezza dell’Africa si rivela nella sua scabra e selvaggia bellezza mentre la fauna africana deve guadagnarsi la sopravvivenza.
Le tanto attese piogge di maggio e giugno si sono date alla macchia e gradatamente tutto è diventato talmente secco da assumere un aspetto dolorosamente desolato.
Il panorama non ha perso la sua magnificenza, ha però assunto una nuova dimensione, sferzato da folate di vento che superano anche i 50 km all’ora e sollevano nuvole di polvere rossa ovunque.
È una carezza un po’ ruvida che non cessa mai e che odora di deserto.
Gli animali indeboliti si aggirano stancamente alla ricerca di cibo.
Non un filo d’erba è rimasto nel terreno che dal bel colore bruno rossastro si è trasformato in una distesa color sabbia, senza anima.
Il vero problema non è l’acqua, come generalmente in un periodo siccitoso si potrebbe pensare: le pozze alimentate dalle pale eoliche sono state incrementate con pannelli solari che garantiscono l’apporto di acqua e il riempimento delle vasche in cemento, costruite in tempi non critici, proprio pensando ai periodi bui del parco.
Dal nulla, come fantasmi, dondolando a ritmi rallentati come sonnambuli, gli elefanti s’avvicinano alle pozze per bere: si dissetano, baruffano un po’ tra loro per il rispetto delle gerarchie per soddisfare la loro sete, si impolverano e come sono arrivati se ne vanno, nel nulla, verso mete sconosciute tra le sterpaglie, alla ricerca sempre più difficile del cibo. Poche le zone verdi rimaste dove giraffe, elefanti, zebre ed erbivori in genere possono ancora nutrirsi e dove leoni, ghepardi e qualche leopardo s’aggirano in attesa di facili banchetti, per rilassarsi poi in una sonnolenta inattività.
Gli alberi rimasti sono sempre più scortecciati da elefanti anziani, territoriali, dalla pelle rugosa, con zanne possenti e proboscidi vigorose, perfette per strappare tutto quello che riescono a portare alla bocca. Branchi di zebre cercano fra la terra quei pochi steli secchi di erba rimasti, intontite dal vento, facili prede per felini anch’essi sempre affamati, mentre mandrie di bufali si spostano lentamente lungo le pianure sollevando sottili nuvole di polvere. La costante necessità di alimentarsi richiede anche continui spostamenti e tanti animali sono usciti, e stanno uscendo, dal parco alla ricerca di cibo più salutare e non è insolito vedere passaggi di elefanti sulla Tsavo Road anche a 40 km dal Sala Gate. Le abbondanti piogge cadute sulla costa hanno reso fertili i terreni con una miriade di coltivazioni ma, purtroppo, si sono fermate a metà strada tra la costa e il confine con il parco. Percorrendo la Tsavo road il degradare dai verdi brillanti ai grigi spenti dell’erba secca che declina all’infinito, è uno spettacolo che ti ferisce il cuore. Molti elefanti hanno raggiunto queste terre fertili, ricche di piantagioni rigogliose, ed affamati hanno mangiato tutto quello che trovavano sul loro cammino spingendosi anche fino a Ganze, un paese nei pressi di Kilifi. Gli agricoltori hanno chiesto l’intervento del KWS (Kenya Wildlife Service) per far allontanare un centinaio di pachidermi, gioiosamente ben nutriti, dai loro raccolti e con l’ausilio di un elicottero sono stati spinti verso il parco. Ma per quanto tempo questi elefanti ben rifocillati potranno restare nello Tsavo alla ricerca di nuovo cibo, difficile da trovare? Il confitto tra villaggi e animali si è riacceso e nulla potrà fermare il loro straordinario bisogno di cibo nutriente: si sposteranno, cercheranno altri raccolti e, nella ipotesi migliore, verranno nuovamente allontanati.
Ma allora non c’è speranza e quali soluzioni adottare? In questa situazione l’unica speranza è riposta nell’avvento della pioggia. Troppo poco ma dannatamente realistico perché mancano progetti e volontà per trovare soluzioni a monte e non nel durante: parliamo di riforestazione, di irrigazione di zone vicino al fiume per creare prati verdi e appetibili per gli erbivori, aiutare gli animali portando cibo fresco all’interno del parco da lasciare nelle vicinanze delle pozze d’acqua. Progetti di cui si discute da tempo e che volontari ambientalisti potrebbero realizzare facendosi carico anche dei relativi costi per trasformare un incubo in un sogno. Ma tutto deve essere coordinato con gli organi responsabili e ad oggi si preferisce essere fatalisti ed attendere in vigile attesa l’arrivo delle piogge.
Nel frattempo, lo Tsavo si prepara a ricevere i turisti con lavori di miglioramento delle strade, ampliamento e pulizia delle pozze pluviali esistenti ormai ridotte a fango secco percorso da fenditure che formano un reticolato irregolare. Un buon numero di macchinari e camion si aggirano per il parco sollevando altra polvere, spaventando animali che poco apprezzano il disturbo della loro quiete e creando qualche disagio ai turisti che in questo periodo stanno visitando il parco. Rimane il dubbio che questi lavori vengano normalmente eseguiti proprio quando il periodo delle piogge è alle spalle: se fosse così si prevedrebbero tempi durissimi per i poveri animali mentre anche le previsioni del tempo, per ora, non danno alcuna speranza di pioggia.
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