Personaggi

LUTTO

Lo storico residente di Malindi Mimmo Mancini ci ha lasciato

Il simpatico napoletano da gioiellere era rinato in Kenya con i safari

14-11-2014 di Freddie del Curatolo

Qualche mese fa, noi di Malindikenya.net, su spinta di due storici residenti e amici suoi, Eugenio del Curatolo e Roberto Macrì, avevamo organizzato una “colletta” online per poterlo ricoverare e curare. 
Ieri, a 86 anni, i profondi occhi azzurri di Mimmo Mancini hanno salutato l’Africa e si sono chiusi per sempre.
La storia del napoletano Mimmo è di quelle che si potrebbero racchiudere in un romanzo. 
Arrivò in Kenya per salvare il cuore da uno dei dolori più grandi che un uomo possa sopportare: la morte di un figlio. Mimmo era gioielliere nella Roma bene e il figlio, un gran bel ragazzo di cui campeggiava una gigantografia nella sua prima villa keniota, aveva seguito le sue orme. Fino a quando una banda di malviventi, una mattina, interruppe bruscamente la sua giovane vita, uccidendolo durante una rapina.
Da allora Mimmo non ne aveva più voluto sapere nulla. 
Venduta l’attività, si era fatto convincere da un amico capitolino a trasferirsi in uno dei paradisi incontaminati del pianeta, quale era Malindi all’inizio degli anni Ottanta. Aveva ideato uno dei primi “day safari”, escursione alle mangrovie di Ngomeni, con pranzo a Che Shale e poi giro in barca. 
La strada allora, poche centinaia di metri dopo il Casinò, era sterrata e spingersi oltre Mambrui pareva un’avventura. Con i suoi fuoristrada Mimmo scendeva sulla spiaggia oltre il Sabaki e faceva vivere ai turisti un’esperienza unica.
Così è andato avanti per anni, cercando di dimenticare l’affronto che il destino gli aveva fatto.  Con l’avvento della strada asfaltata, quel giro aveva perso il suo fascino e per lui era incominciata una nuova vita, più morigerata e più africana. Una casa spartana nel quartiere di Majengo con la nuova moglie keniota, due figli da mandare a scuola. Il tutto con una pensione poco più che dignitosa.
Aveva il dono dello stile, Mimmo, e un’ironia garbata e intelligente. 
Ospitava tutti i residenti maschi (e anche qualche donna appassionata e coraggiosa) nella sua terrazza ogni domenica, per sentire le radiocronache delle partite con la sua radio a onde cortissime. Era l’unico a possederne una e ogni settimana casa sua si trasformava in un Bar Sport a ottomila chilometri dagli stadi d’Italia, con scommesse e sfottò inclusi nel pomeriggio. Lì si alternavano i personaggi indimenticabili di quella Malindi che io ho vissuto da ragazzo e Mimmo, da elegante padrone di casa, faceva capire senza maschere chi fosse gradito e chi meno. Alla fine, però, per ognuno c’era sempre la possibilità di rimediare ed entrare nelle sue grazie, a patto che non portassero iella al Napoli.
E la passione per “o’ ciuccio”, la sua squadra del cuore, era rimasta l’unica cosa che lo tenesse legato all’Italia e alla comunità malindina, nelle sempre più rare apparizioni al bar. Si era fatto esile e la risicata pensione che gli arrivava finiva in un baleno. 
Ma a noi piace ricordarlo vivace ed acuto, con la classica parlata partenopea e la battuta sempre pronta e ancora più ficcante perché piena della flemma, della filosofia e della classe che fanno grandi i napoletani nel mondo.

TAGS: Mimmo ManciniResidenti MalindiItaliani MalindiGioielliere MalindiKenya Italiani

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