LUOGHI DEL KENYA
28-03-2021 di Freddie del Curatolo
Nel mezzo delle celebrazioni dantesche, mi ritrovai in una selva neanche troppo oscura dove la diritta via era inesistente, che non era neanche male perché almeno non si poteva smarrire.
I paradisi africani sono molto diversi da un canto del Sommo Poeta, ma è poesia della Natura quello che si può ammirare a Kaya Kinondo, la “casa” della tribù Digo, una delle nove che compongono l’etnia Mijikenda. I Digo sono stati coloro che si sono spinti più a sud dopo l’esodo dalle colline di Shingwaya, al confine con la Somalia, intorno al tredicesimo secolo. La storia racconta che i giriama furono i primi a fermarsi, stanziandosi lungo le rive del fiume Sabaki, altre sei tribù (Chonyi, Jibana, Ribe, Rabai, Kambe e Kauma) si posizionarono tra le colline e le foreste dell’entroterra di Kilifi, i Duruma si spinsero verso Mariakani e Mazeras e i Digo appunto arrivarono fino a Mombasa e Diani.
Qui trovarono una foresta che a quei tempi arrivava fino al mare (prova ne è il terreno a tratti corallino e sabbioso, pur distando oggi un paio di chilometri dall’oceano) e che permetteva loro di stabilire la “casa” degli antenati, la cosiddetta “Kaya”. La Kaya è il luogo appartato, inestricabile dove si possono compiere riti tradizionali, esercitare magia bianca ed avere una sorta di “ospedale vegetale” a portata di mano, grazie alla conoscenza degli stregoni e sciamani delle proprietà di ogni singola pianta autoctona.
Kaya Kinondo è rimasta così per secoli e secoli ed il progresso, arrivato qui in maniera minore ma pur sempre evidente nell’espansione turistica, l’ha sempre più ridotta e isolata. Fino a qualche anno fa gli anziani dei villaggi vicini ancora vi si addentravano per riunirsi nella loro società segreta, i “Vaya”, santificare i loro antenati e fare riti. Oggi Kaya Kinondo viene protetta e conservata da un’associazione Digo che trasmette la cultura Mijikenda e le sue tradizioni e le promuove come turismo consapevole e legato al territorio. La guida che ci accompagna nella foresta ci chiede in segno di rispetto per le anime ancestrali, che risiedono secondo la concezione animista, nel cuore delle piante secolari e negli anfratti della fitta boscaglia, di indossare un pareo (kanga) nero.
Non è rimasto molto dei luoghi di culto e magia, la vera bellezza della foresta di Kinondo risiede negli alberi e nelle loro storie. Ficus dalle ramificazioni infinite creano passaggi ed intrecci affascinanti, tra liane ed amache naturali, le radici di alcuni imponenti Bombax diventano enormi serpenti che si propagano nel terreno per metri e metri. Ogni pianta più giovane è una farmacia vivente. Respiriamo foglie antibiotiche, radici antistaminiche, resine essenziali e cortecce che, lavorate, possono diventare indifferentemente rimedi per le dermatiti o tessuti con cui gli antichi Digo coprivano le parti intime. Un catalogo infinito di nomi, rimandi ad usanze e fonti di salvezza per intere generazioni.
Il tutto vissuto addentrandosi con un bastone, per scacciare serpenti ed altre presenze meno benefiche, mentre risuona il cinguettio di decine di specie rare di uccelli.
Fino a qualche decennio fa nella foresta di Kaya Kinondo arrivavano anche gli elefanti, proprio per gustare alcune di queste specialità per erbivori doc e tra le rocce e i cespugli si nascondevano pitoni e black mamba.
Una visita a Kaya Kinondo è interessante proprio per conoscere la storia di un luogo che è allo stesso tempo un incanto di purezza della natura equatoriale e una riserva di leggende, scienze naturali, evocazioni, ricette tradizionali, etologia ed etnologia. In poche parole, perdersi piacevolmente nella pace dei sensi assorbendo conoscenza.
Kaya Kinondo si raggiunge da Diani dirigendosi verso Kinondo Beach.
L’ingresso con guida obbligatoria per i non residenti è di Kes. 800, per i residenti Kes. 400.
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