MADE IN ITALY
01-02-2025 di Freddie del Curatolo
Quanto piace ai kenioti il vino italiano. Dall’anno che è trascorso dal 31 gennaio 2024 a giovedì scorso, si può facilmente trarre questa conclusione. Se i dati forniti dall’ambasciata d’Italia, che parlano di un aumento delle importazioni del 12%, nei primi dieci mesi dell’anno scorso e dell’insediamento al terzo posto nel mercato keniano, dopo Sudafrica e Francia, rappresentano le certezze, il secondo “Top Italian wine roadshow” del Gambero Rosso a Nairobi ne è fulgida testimonianza.
Dieci aziende in più dell’anno passato, molte nuove e in cerca di importatore e alcune già presenti sul mercato dell’Est Africa ma vogliose di esserci e promuoversi ancora di più. Il tutto con la presenza di operatori e appassionati keniani sempre più esperti, nuovi distributori locali, giornalisti, media e influencer pronti a riprendere tutto e spararlo in rete sotto svariate, stereotipate ed accattivanti forme.
Ci sono esempi chiari di come sia importante per un’azienda italiana partecipare e investire in promozione in loco: la cantina pugliese Varvaglione, ad esempio, con il suo export manager Luca Borsci, era stata già a Nairobi alla fiera dell’enogastronomia organizzata lo scorso anno dall’Italian Trade Agency ed è tornata con un contratto in tasca, pronto per essere finalizzato e poter iniziare a distribuire i suoi ottimi prodotti in Kenya, tra cui l’entusiasmante primitivo “Papale”. Segnatevelo.
Altri invece si affacciano al mercato africano per la prima volta e hanno intenzioni serie. Per Folonari, ad esempio, che porta eccellenze “supertuscany” come il Cabreo, “l’Africa è un continente giovane che rappresenta il futuro commerciale del mondo, un mercato al quale ci si può avvicinare ora anche con prodotti importanti, di alta qualità” è il pensiero del responsabile per Asia, Africa e Americhe, Tiziano Bastianoni.
Anche una storica azienda familiare, come Conti Zecca, che ha sempre puntato sull’esportazione ed è già molto conosciuta ad esempio in Cina, vede nell’Africa subsahariana una grande opportunità.
“E’ un mercato in crescita e molto attraente – dice Alessio Fortunato, export manager della cantina che produce un negramaro sospeso tra eleganza e spirito contadino e un gran bel primitivo strutturato (Cantalupi) – sotto alcuni versi mi ricorda quello della Cina vent’anni fa, prima del loro boom. In più qui c’è anche un grande richiamo turistico”.
Il Kenya non è solo mercato, ma anche Paese giovane e un’altra cantina di famiglia, la piemontese Rossi Cairo, ha inviato a Nairobi il nipote della dinastia di viticoltori del Gavi, Matthias, che oltre a proporre il classico bianco dei colli di casa sua, ha portato dalle Langhe anche un barolo morbido e accattivante, che potrebbe far riflettere i keniani sulla bassa stima fino ad ora decretata ai vini del Piemonte, rispetto ad altre regioni. “Siamo molto interessati a provare il mercato keniano – dice Matthias – portando la nostra storia di famiglia e il nostro territorio come valore aggiunto”.
Dato che ha coinciso con le degustazione, potere immaginare come sia stata dura conoscere (quasi) tutte le aziende e i loro manager, a volte gli stessi proprietari, come il veneto Massimo Piccin, trasferito da anni a Bolgheri che in prima persona è “venuto a vedere com’è questo Kenya di cui si parla tanto” e a far assaggiare agli importatori le due meraviglie del suo Podere Sapaio, il classico Volpolo e il più corposo e originale blend Sapaio. Il suo export manager ci fa sapere che c’è già una trattativa in corso per entrare nel mercato africano. Tra i tanti Anche chi è già entrato dalla porta principale, quella dello storico importatore italiano Gourmet Master, ha stuzzicato il palato dei keniani, per pura promozione. E siamo certi che anche questa volta non si lasceranno scappare le migliori nuove proposte.
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