Altri seicento casi, anzi 604. Uno dei numeri più alti di sempre, tra quelli registrati in Kenya dall’inizio della pandemia. Ma quello che preoccupa il Governo è la percentuale di positivi per tampone, che è tornata da alcuni giorni a superare addirittura il 10 per cento.
Tutti positivi insomma, ma anche tutti in salute o almeno pochissimi casi gravi.
Gli asintomatici sono più di nove su dieci ed ogni giorno vengono dimessi molti pazienti dagli ospedali (ieri 88), mentre anche il conto dei morti fatto ogni 24 ore inizia ad essere sempre in doppia cifra. Ieri 10 persone hanno ceduto alla malattia, portando il numero totale dei decessi a 797.
E’ il ritratto di un Paese a due volti: da una parte l’assoluto scetticismo e il non rispetto delle regole che per la maggior parte dei casi viene ignorato da chi dovrebbe controllare, dall’altra i dati quotidiani del Ministero degli Esteri che segnalano una tendenza simile ad altri Paesi che hanno optato per l’inevitabile riapertura di aziende e luoghi di ritrovo per salvare quel che resta dell’economia. Secondo le proiezioni dell’ufficio di ricerca medica nazionale KEMRI di qualche mese fa, almeno 2 milioni e mezzo di keniani avevano già contratto il virus, oggi in base a quelli studi potrebbero essere il doppio.
Il Ministero della Sanità continua a sensibilizzare i cittadini, promettendo tamponi a tutto spiano, che inevitabilmente faranno lievitare i numeri, ma i dati attuali non sembrano preoccupare il popolo: le categorie vulnerabili, d’altronde, qui non sono soprattutto anziani e malati, ma inconsapevoli poveri e poverissimi che vivono già in condizioni da aspettarsi la morte un giorno sì e uno no.
Il Corona non cambia certo le loro prospettive, né possono pensare che devono difendere la vita dei loro cari o tanto meno di chi non li aiuta.