MAL D'AFRICA
13-07-2023 di Lettore Anonimo
La prima volta che arrivai in Kenya fu, come accade per tanti altri italiani, in vacanza.
Ricordo che l’hotel a Malindi non era un granché, ma il personale sorridente e il buon cibo, particolarmente il pesce arrosto e la frutta, sopperivano a qualche mancanza.
Ad esempio nell’arco della settimana di ferie mancò l’acqua almeno due volte per tutto il giorno, ma ci dicevano “è l’Africa, è così. Però guarda che bel mare e che vegetazione”.
La spiaggia davanti a questo hotel era quasi sempre piena di alghe, ma alzarsi presto alla mattina e passeggiare con la bassa marea, guardando i colori e respirando l’aria salmastra era bellissimo.
Bisognava farlo all’alba, altrimenti venivi investito da ragazzetti pressanti che volevano venderti di tutto, anche se non avevano niente in mano.
In realtà questi che chiamavano Beach Boys e che amavano darsi nomi italiani come Zucchero o Grande Puffo, cercavano di portarti da chi veramente lavorava e vendeva artigianato o vestiti, sperando di ricevere la commissione.
Comunque la prima volta è stata bella ma ho capito che avrei dovuto tornare senza fare il turista e poi non ero riuscito neanche a fare il safari.
Così sono tornato sei mesi dopo, non appena ho avuto un’altra settimana di ferie.
Quella volta ho preso una stanza in un piccolo lodge africano che mi aveva consigliato un cameriere dell’albergo della prima volta, quando gli avevo detto che non volevo più tornare lì.
In una settimana non mancò mai l’acqua, anche se non era pulitissimo e non si mangiava pesce.
Però ho fatto un bel safari e ho conosciuto dei bravi ragazzi, lavoratori e non perdigiorno che vivono di espedienti come i grandi puffi.
Non pensate male, non mi sono “innamorato” come tanti italiani qui, perché da quel punto di vista, a cinquantotto anni, ho deciso di mettermi l’anima in pace. E poi l'importante è stare bene, non c'è bisogno per forza di perdere la testa e l'obbiettività.
Così la terza volta che sono tornato ho deciso che avrei preso una casetta tutta per me, nella periferia di Malindi.
Appena posso scappo lì e mancano pochi anni alla pensione, il mio sogno fisso è quello di trasferirmi per sempre.
La mattina devo fare qualche chilometro in più per arrivare al mare e non è la spiaggia di Silversand, ma quella grande che arriva fino al molo e per certi versi è anche meglio: qui incontro i pescatori, mi fermo a guardarli quando tolgono le reti dalle barche e quando torno ci sono sempre bambini che fanno il bagno contenti.
Sì, sto bene qui. Certo, lo so che siamo diversi, che non ci può essere un rapporto totalmente sincero, ci sono troppe differenze e tutte queste cose. Ma spesso mi chiedo se non sia meglio così, saperlo già da subito e non crearsi grandi aspettative. In Italia ho avuto tante di quelle delusioni...
Credo che per vivere bene in Kenya da straniero quel che serva è soprattutto un’assicurazione sanitaria, perché entrando in un ospedale pubblico mi sono messo le mani nei pochi capelli che mi rimangono e saper rinunciare a qualche cosa che ti piace, specialmente da mangiare.
Per il resto, se ami il mare, la natura, ti piace il contatto con le persone, anche solo per chiacchierare e non sentirti solo e non sei troppo ingenuo o facile agli innamoramenti, secondo me non c’è posto migliore della costa keniota per vivere lontano da un mondo diventato impossibile.
E qui chiudo, per non dire niente di sconveniente sull'Italia, che è sempre il più bel paese del mondo, e sugli italiani che secondo me non se lo meritano.
Grazie di avermi dato l’opportunità di scrivere su malindikenya.net che leggo tutti i giorni da anni.
Viva voi e viva il Kenya!
Un lettore anonimo
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