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SOLO IN KENYA!

S'inventa una stazione di polizia in Kenya e per mesi frega tutti!

La storia di Chepkulei, che ha gestito una sperduta "patrol base" a,,,

11-03-2025 di Freddie del Curatolo

Spesso viene da pensare che certe cose possano accadere solo in Africa, ed in una “certa Africa”.
Al di là delle facili conclusioni, bisognerebbe premettere che quello da cui scriviamo è un teatro naturale, un palcoscenico primordiale sul quale da sempre si alternano tragedie al limite del più innaturale catastrofismo, commedie strappacuore, emozionanti drammoni e soprattutto verità talmente vissute che sembrano recitate da attori navigati e messe in scena da impeccabili registi.
Sì, certe notizie in Africa nascono già romanzate, non c’è tanto da ricamarci sopra.

In Italia, specie in passato, faceva notizia il finto odontotecnico che per 30 anni aveva curato (e magari anche bene) i suoi pazienti senza avere nè diploma, né licenze, o l’avvocato del foro che in realtà risultava fuori corso da anni alla facoltà di Giurisprudenza.
Dilettanti...in Kenya si fa ben altro! In questi giorni è capitata alla nostra attenzione la storia di un certo Collins, residente in un villaggio sperduto tra le montagne dell’alta Rift Valley, fuori dall’abitato di Kesses.
E’ un piccolo agglomerato di appena dignitose casette di cemento (perché lì fa freddo…) ed il suo nome, per uno scherzo del destino arriva a noi italiani come la certezza del luogo remoto che è: Ndugulu.
Proprio così, avete letto bene: località Ndugulu, qualche chilometro da Asis, sottocontea di Kesses, contea di Uasin Gishu.

Collins, il cui nome d’arte è Chepkulei (e anche qui, presentarsi ad un italiano “piacere, sono Chepkulei di Ndugulu non avrebbe deposto a suo favore…) è un piccolo imprenditore locale con aspirazioni politiche, in passato anche leader della comunità locale.
Un anno fa deve avere pensato che il problema della sicurezza nel suo villaggio è una minaccia crescente. Nei paesi a valle, nella zona di Baringo e West Pokot, soprattutto, bande rivali di pastori e criminalità comune si fronteggiano da anni ed ultimamente le razzie non si contano più e spesso ci scappano i morti.
“E se i casini arrivassero pure qui, dove non c’è neanche una stazione di polizia?” deve avere pensato l’uomo. Effettivamente a Kesses e dintorni non è mai accaduto un granchè: qualche ladro di pecore, un paio di femminicidi, liti tra ubriachi di grappa artigianale finite male, tutto nella norma e secondo quasi tutti gli abitanti della zona, inevitabile. 

Però una parvenza di autorità, almeno a Ndugulu, ci vorrebbe, giusto per demotivare i malintenzionati, i giovani disadattati, i nuovi poveri che a differenza dei vecchi poveri, cioè più o meno tutti, sono ancora più poveri. Così il signor Collins occupa un terreno della comunità e dice ai suoi che ha ottenuto i permessi per aprire una vera stazione di polizia! Sarà pure “Ndugulu ai lupi”, ma almeno c’è!
D'altronde, c'è tanta gente che apre bar e chioschi senza licenze, lavaggi macchine improvvisati, negozietti che vanno avanti a mance agli ufficiali che vengono a controllare, che sarà mai una stazione di polizia in più, se le intenzioni sono buone?
Ecco che l’industrioso Chepkulei si mette all’opera. Si procura lui tutto, non chiede niente a nessuno: cemento, lamiere per il tetto, intonaco e la pittura con i colori delle forze dell’ordine, giallo rosso e nero. In poco tempo, ecco una stazioncina di polizia nuova nuova, accogliente e provvista di tutto: un ufficio per il comandante, uno per stendere i verbali, una cella di detenzione e servizi igienici. Peccato che tutto questo sia avvenuto alla totale insaputa e senza alcuna autorizzazione da parte del National Police Service.
Quando la polizia, lo scorso weekend, è arrivata su segnalazione di qualcuno a cui era venuto un lontano dubbio, forse conoscendo la verve ma anche le vere faccende di Chepkulei, ha constatato chiedendo ai residenti che la stazione di polizia, con tanto di scritta “Patrol Base”, era già operativa da sei mesi. Il registro dei verbali sequestrato potrà rivelare quali e quante operazioni siano state effettuate nella stazione fittizia.
“Siamo rimasti sorpresi nell'apprendere che la Patrol Base della polizia non era ufficiale. Molti di noi pensavano che fosse una vera iniziativa per migliorare la sicurezza nella zona e ne eravamo felici”, ha detto uno degli abitanti.
E come dargli torto...certo, il compaesano Collins ha fatto qualcosa di illegale e pericoloso, probabilmente ha anche pensato che spesso i poliziotti in Kenya si prendono qualche mancetta e che, vendendo sicurezza e legge, si può fare anche un business tutto sommato genuino.
D’altronde l’Africa è anche così, c’è la necessità di guadagnare un po’ su tutto, per sopravvivere che, come dice la parola stessa, può voler dire anche vivere sopra (agli altri).
Fatto sta che nessuno a Ndugulu si era mai posto il problema né preso la briga di verificare.
Le indagini della polizia vanno avanti, vogliono capire se Chepkulei avesse raccontato di essere diventato agente di polizia, o di avere un qualche titolo simile, se fosse armato e dietro la finta stazione nascondesse chissà quali traffici illeciti.
O se semplicemente, nella sua remota, montana e poco più che misera comfort zone, avesse pensato semplicemente che c’era bisogno di uno spaventapasseri, di un autoproclamato vigile di quartiere.
E approfittando della completa latitanza delle istituzioni da quelle parti, senza farsi troppi problemi, per sei mesi ha gestito una stazione di polizia e l’ha messa Ndugulu a tutti.

(per chi non credesse che è tutto vero: https://www.kenyans.co.ke/news/109772-authorities-explain-how-kenyan-illegally-set-police-station?page=1)

TAGS: prigionepoliziastorieincredibile

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