TRISTE EVENTO
04-05-2024 di Freddie del Curatolo
Se, come diceva lo scrittore e filosofo maliano Amadou Hampatè Ba, “In Africa ogni anziano che muore è una biblioteca che brucia”, nei giorni scorsi sulle rive del fiume Sabaki, non lontano da Malindi, in Kenya, sono bruciati milioni di libri in un solo momento.
La furia della piena del Sabaki, dovuta alle alluvioni che stanno imperversando da giorni sul Kenya, ha sradicato un baobab quasi millenario, ma soprattutto uno dei baobab sacri non solo per la cultura dell’etnia Mijikenda della costa, ma di tutto il Kenya e della sua storia.
Il baobab chiamato “di Mekatilili”, in onore dell’eroina nazionale keniana, la prima a sfidare l’impero britannico all’inizio del Novecento, aveva resistito a guerre, epidemie, siccità e più di novecento stagioni delle piogge.
Ma nulla ha potuto contro il cambiamento climatico, già indebolito dall’inquinamento e dall’incuria dell’uomo. La Natura ha fatto quello che l’uomo questa volta non ha causato in maniera diretta, pur essendone responsabile. Eppure il baobab di Mekatilili, pianto oggi da noi e da pochi paladini delle tradizioni culturali Mijikenda, è solo uno dei tanti alberi millenari che non sono più su questa terra. Abbattuti per far posto a costruzioni, o per avere più spazio nei campi agricoli. Addirittura venduti per essere trasportati all’estero ed essere esibiti, da morti, in giardini di miliardari est europei.
Quando si vede morire un simbolo di eternità, la cui vita un tempo durava almeno cinquanta volte quella di un uomo, ci si sente ancora più mortali, oltre che colpevoli.
A conoscere poi la sua storia, averlo toccato, esserci saliti sopra e aver ascoltato dal grande poeta Kazungu Wa Hawerisa le leggende che sono nate intorno a questo grande gigante che speravamo fosse eterno, e vederlo alla mercè delle acque melmose, è come vedere la deriva stessa dell'umanità.
Ne abbiamo viste tante, mentre cercavamo di mappare gli esemplari storici di Adansonia Digitata (questo il nome originale del baobab) nella vana speranza che il Ministero dell’Ambiente li dichiarasse monumenti nazionali e nessuno li potesse più toccare. Oggi è un giorno triste e possiamo solo ricordare questo splendido albero sacro d’Africa attraverso le immagini video che abbiamo conservato.
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