CULTURA
08-10-2021 di Gianluca Camorani
Un nobel per la letteratura in Est Africa, ancora non ci credo.
Già, perché ogni volta che vedo apparire in televisione la simpatica faccia di Enzo Nucci, storico corrispondente della sede Rai di Nairobi per tutta l’Africa Subsahariana, ho una irrefrenabile tentazione di infilarmi una mano nella tasca anteriore dei jeans e sperare in bene.
Non perché non ritenga Nucci un buon giornalista o lo ritenga uno iettatore, ma perché ogni volta che un telegiornale italiano si collega o manda in onda un servizio dall’Africa è solo per raccontare tragedie.
L’Africa nell’immaginario collettivo occidentale è solo un luogo inospitale, sporco, afoso, dove regnano malattie, guerre, animali feroci, povertà e da cui tutti vogliono scappare.
Del resto dal punto di vista politico nessun Paese africano ha peso internazionale, nessuno è iscritto al G20, il crogiolo dei potenti che decidono le sorti del pianeta e quando vengono invitati ai grandi consessi mondiali è solo per raccontare le loro “sfighe”, epidemie, conflitti armati, gestione dei flussi migratori. Per avere un po’ di attenzione dai media dei paesi ricchi l’Africa ha bisogno di una buona dose di disgrazie.
Pensare all’Africa anche come un luogo di cultura (nel senso occidentale del termine) è quasi impossibile per il “mzungu” medio, se non per associarla a ritmi e balli tribali a bongos, tamburi, gonnellini di paglia e folklore locale.
Il Premio Nobel per la Letteratura 2021 assegnato allo scrittore tanzaniano Abulzarak Gurnah è una bella notizia anche per quello, finalmente si associa il nome dell’Africa anche ad un evento positivo, un riconoscimento dedicato a tutto il Continente come hanno motivato gli accademici svedesi.
Senza contare che il suo collega keniano Ngugi Wa Thiongo per la terza volta è entrato nelle nomination ed era più accreditato di lui per la vittoria finale!
Gurnah non è stato il primo cittadino del continente nero a vincere l’ambito riconoscimento, lo aveva già fatto nel 1986 il poeta nigeriano Wole Soyinka, ma oltre ad essere passati 35 anni, Abdulzarak, anche se scrive in inglese e vive a Londra, è il primo a parlare Kiswahili come prima lingua e scrive per una rivista che si chiama “wasafiri” (viaggiatori).
Insomma ha tutti i presupposti per diventare un nuovo “eroe” per noi maldafricati italo/keniani.
P.S. Non ho ancora letto niente di Gurnah, di conseguenza non posso certo recensirlo, lo farò al più presto.
Per tutti i curiosi e contenti come me, ecco la bibliografia essenziale dello scrittore e saggista nato a Zanzibar.
Romanzi
Memory of Departure 1987
Pilgrims Way 1988
Dottie 1990
Paradise 1994 (Paradiso) tradotto in lingua italiana - Garzanti
Admiring Silence 1996
By the Sea 2001 (sulla riva del mare) tradotto in italiano - Garzanti
Desertion 2005 (il disertore) tradotto in italiano - Garzanti
The Last Gift 2011
Gravel Heart 2017
Afterlives 2020
Raccolte di racconti
The collected stories of Abdulrazak Gurnah 2004
My Mother Lived on a Farm in Africa 2006
Saggi
Essays on African writing . 1993-1995
The Cambridge Companion to Salman Rushdie 2007
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