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19-05-2021 di redazione
Nonostante la pandemia, in Kenya i guadagni delle esportazioni di sisal sono balzati del sei per cento nel primo trimestre di quest'anno rispetto all’anno precedente, raggiungendo il ragguardevole giro d’affari di Kes. 1.2 miliardi.
La ripresa graduale dell’economia keniana ha rilanciato un settore in crescita sulla fascia costiera e nell’interno.
Secondo il Directorate of Fibre Crops del Kenya sono state esportate più di 7. 500 tonnellate e mezzo di sisal, che rappresenta un record per il settore. I guadagni sono anche effetto dell’aumento dei prezzi.
A sorpresa, la Nigeria è il più grosso importatore unico, con il 23% delle richieste, segue a ruota la Cina, fiorente è anche il mercato degli altri Paesi dell’Africa Occidentale e Nord Occidentale, come Ghana e Marocco, mentre in Europa il maggior acquirente è la Spagna.
Essendo stata la prima a subire la pandemia ed anche a sconfiggerla in buona parte, la Cina ha ripreso prima i suoi commerci. Sono in tutto 23 le nazioni in cui la sisal keniana viene esportata.
La coltivazione del prodotto fibroso dell’agave è diffusa su larga scala principalmente nella regione costiera con un totale di cinque grandi colture: Vipingo (Kilifi), Voi, Taita e Kwale. Il dato confortante è che oggi, grazie alla grande richiesta, il mercato locale delle piantagioni non è appannaggio solo dei grandi coltivatori che sono stranieri o ricchi proprietari terrieri locali, ma anche i piccoli contadini locali hanno iniziato a piantarla e commerciarla, aprendosi a nuovi mercati per guadagnarsi da vivere grazie a questa pianta. Trovando quindi un'occupazione sana e redditizia.
Secondo Fibre Crops la domanda di sisal è destinata a salire.
Buone notizie quindi per quel tipo di mercato e di economia "green" di cui il Kenya ha bisogno per crescere nel reddito delle piccole e medie imprese, e nel lavoro salariato per la manodopera senza bisogno di edilizia (selvaggia o meno) ed industrie invasive ed inquinanti.
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