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CRISI ECONOMICA

Kenya nell'abisso, tra dollaro e benzina

Massimi storici e nessuna ricetta per riprendersi nel breve

16-09-2023 di Freddie del Curatolo

Il Kenya sta affrontando ormai dall’inizio dell’anno la più grave crisi economica della sua storia.
Il debito pubblico si avvicina pericolosamente alla soglia dei 72 miliardi di dollari e i riflessi di questo enorme buco sono resi ancor più drammatici dal crollo della moneta nazionale nei confronti del dollaro e delle altre monete straniere.
La valuta americana, ancora indispensabile per le contrattazioni internazionali e per gli acquisti delle materie prime di cui il paese necessita, ha superato i 146 scellini per un dollaro e questo ha influito in primo luogo sull’aumento dei prezzi del carburante. Ieri, per la prima volta, la benzina ha fatto registrare 212 scellini per un litro, al distributore. Quasi 1 euro e mezzo. Se si pensa che, con lo scellino a 113 e la benzina a 190, a gennaio i prezzi erano sotto del 30%, l’impennata fa paura.

Anche perché dal prezzo del petrolio dipende ormai tutto: qualsiasi prodotto viene trasportato particolarmente su gomma, non su rotaia, quindi se la benzina aumenta, aumentano anche i beni trasportati. Anche l’energia elettrica in gran parte dipende dal petrolio, quindi le fabbriche devo aumentare i costi di produzione e di conseguenza quelli di vendita, e così via.
Il dollaro, da parte sua, fa aumentare tutti gli altri prezzi, specialmente quelli delle importazioni.
Tutto questo ricade poi sulla vita di tutti i giorni e specialmente nella sopravvivenza di quella fascia di keniani, circa il 40%, per cui anche venti scellini in più al giorno sono una catastrofe.

Mentre il presidente William Ruto, che in un anno al potere non è riuscito a far meglio del suo predecessore Uhuru Kenyatta, sta cercando in tutti i modi di ridurre le spese interne del paese, combattendo la piaga della corruzione e tagliando costi inutili, ma ha dovuto inevitabilmente alzare le tasse ed inserirne di nuove, il ministro del Commercio Moses Kuria non ha dato grandi speranze, riguardo all’ascesa della benzina. “Aumenterà di 10 scellini al mese almeno fino a febbraio” ha annunciato. Anche il consigliere principale di Ruto, l’economista David Ndii, ha parlato di “situazione pericolosa”. E non c’è bisogno di luminari per capirlo.

Nello scenario attuale, il turismo dovrebbe essere considerato maggiormente, in quanto portatore sano di valuta straniera, ciò di cui il paese ha un bisogno disperato per non doverne acquistare di nuova. La Banca Centrale del Kenya, intanto, ha imposto un tetto ai prelievi di “forex” in dollari: non si potranno acquistare più di 100 mila dollari per volta al giorno.

Ruto sta anche pensando di iniziare a dare in gestione alcune strutture statali, partendo dai porti di Mombasa e Lamu. Sarebbe un vero e proprio dietrofront, dopo che una delle sue “crociate” in campagna elettorale era stata quella contro Kenyatta, reo di avere in programma, a suo dire, proprio la cessione del porto di Mombasa e delle sue aree strategiche a un’azienda di Dubai.

Infine, l’opposizione: ieri il leader Raila Odinga, ormai settantottenne, è tornato a parlare e ha accusato il governo di non saper che pesci pigliare per salvare l’economia del paese. Ma anche lui, più che critiche non riesce a fare e non sembra avere la ricetta salvacrisi. Probabilmente perché in questo momento, non esiste.

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