Alle pendici del Monte Kenya, tra la foresta di Chocoria, le radure di Tigania, dopo cento anni ancora viene chiamata “La Santa”, come fosse naturale che un giorno il Papa l’avrebbe beatificata.
Suor Maria Carola Cecchin, la missionaria del Cottolengo che arrivò in Kenya nel 1905 e spese gli ultimi vent’anni della sua vita ad aiutare la povera gente degli altipiani, nelle missioni di Limuru, Muigori fino all’Aberdare di Tuthu, sarà proclamata beata il prossimo 5 novembre con una solenne cerimonia a Meru.
Sarà il Cardinale di Kigali, Antoine Kambanda, a rappresentare il Santo Padre e celebrare la beatificazione della suora italiana, che ricorda una volta di più l’opera dei nostri missionari in Kenya, che prosegue da 120 anni. Suor Maria Carola, all’anagrafe Fiorina Cecchin, originaria di Cittadella, in provincia di Padova, due anni fa era stata annunciata come “venerabile” da Papa Bergoglio due anni fa ma nel frattempo era già partito il processo per la richiesta di beatificazione da parte del Cottolengo.
“E’ partito tutto dalla terra keniana – spiega a Malindikenya.net la postulatrice Suor Antonietta Bosetti, intervistata nella sede di Nairobi del Cottolengo – è stata la gente a tenere vivo il ricordo dell’instancabile operosità di Suor Maria Carola che non si fermava all’evangelizzazione, ma partiva dal fare e dallo scambio sociale, anticipando di anni il saper portare la fede usando cultura e tradizioni locali, che in seguito sarà alla base dei moderni dettami della chiesa, sanciti anche dal Concilio Vaticano II”.
A ventotto anni, la missionaria veneta di quelle che ai tempi si chiamavano “suore vincenzine” parte per Mombasa con altre consorelle, inviate su richiesta della Consolata, la cui presenza a nord di Nairobi era prevalentemente maschile e per questo non troppo integrata nelle comunità in cui donne e bambini richiedevano maggiore assistenza e rapporti legati alle esigenze quotidiane.
Suor Maria Carola era naturalmente predisposta ad interagire con le comunità locali: la sua carnagione chiara e i suoi lineamenti insoliti per una ragazza del nordest italiano, mettevano le donne e gli anziani kikuyu a loro agio. Presto le sue doti di infermiera, ma anche manutentrice, cuoca, organizzatrice, furono riconosciute da tutti, perfino dai capi locali.
"Per parlare del suo zelo occorrerebbero volumi - disse di lei Padre Giuseppe Aymo, dopo la sua morte - verso le persone a lei affidate, sentiva di non essere superiora, ma mamma. Quanto lavorò! Non vi fu capanna, anche lontana, che non sia stata visitata, anche più volte, da lei".
I racconti, le testimonianze e gli aneddoti sulla sua laboriosità sono tantissimi, compreso quello che riguarda il grande capo kikuyu della regione, che venne preso "per la gola" dalla suora, in versione cuoca, da manicaretti dolci di cui era particolarmente goloso.
“Mio nonno, che ha vissuto circa cento anni e ha avuto la fortuna di conoscere la Beata Maria Carola Cecchin – racconta a Malindikenya.net Suor Mary Japhet del Cottolengo, che viene da Meru - quando ero piccola, mi raccontava di questa donna “mzungu” straordinaria, che dava a tutti per prima il buon esempio quando c’era da fare qualsiasi cosa: da tagliare la legna per costruire una capanna a mettersi in cucina. E alla fine della giornata, si sedeva con la nostra gente come fanno gli anziani dei villaggi e raccontava Gesù senza ergersi ad insegnante e senza costrizioni, ma come un esempio di fratellanza, di bellezza. Molti anziani dei villaggi sotto il Monte Kenya hanno imparato e praticato la carità attiva nei confronti dei loro corregionali meno fortunati grazie a lei ed hanno atteso il suo ritorno per tutta la vita. Alcuni sono morti in tardissima età poco dopo aver saputo che in realtà Suor Maria Carola era morta poco dopo aver abbandonato il Kenya”.
Già, perché la missionaria italiana che sarà Beata, dopo essere stata superiora nella missione di Iciagaki ed aver prestato la sua opera a Mugoiri e Tigania, nel 1925, anche per via delle sue precarie condizioni di salute, viene richiamata in Italia. Non vi arriverà mai. La malattia la porterà via su un piroscafo nel Mar Rosso nelle cui acque, secondo gli obblighi per i natanti ed i loro equipaggi, sarà gettata.
Il suo ricordo, nella regione del Monte Kenya, è eterno ed i cristiani ancora oggi le rivolgono preghiere, come nel caso del miracolo che ha portato al processo di beatificazione. Nella testimonianza di una suora e dell’ostetrico che cercò di rianimare un bambino nato senza vita, all’invocazione insistita pregando la suora italiana, il neonato riprese a respirare. Oggi il ragazzino ha 9 anni. Il suo angelo custode ne ha quasi cento e tra meno di due settimane sarà proclamato beato.