ISTRUZIONE
07-02-2023 di Freddie del Curatolo
Il governo keniano, alle prese con crisi economica, inflazione ed emergenze nei settori dell’agricoltura e dell’allevamento, che rappresentano il maggior introito per la popolazione, è attratto dall’intenzione di privatizzare le università pubbliche.
Secondo alcuni media nazionali il Ministro del Commercio Moses Kuria, ex imprenditore di successo convertito alla politica, sarebbe già in trattativa per far rilevare ad investitori stranieri alcune dei più importanti atenei del paese come primo gradino utile per sgravare lo Stato da spese che stanno diventando insostenibile.
“Il paese non può più ignorare i debiti crescenti delle sue istituzioni di istruzione superiore, tutte le università pubbliche sono indebitate… non sono più in grado di funzionare” ha detto Kuria durante una conferenza stampa la scorsa settimana.
Attualmente in Kenya 450 mila studenti frequentano le 32 università statali del paese. Alcuni di loro ricevono anche borse di studio e contributi, dato il loro valore. Ma le stesse università, secondo l’ufficio del revisore generale, devono in totale 56 miliardi di scellini kenyani (circa 420 milioni di euro) all’agenzia fiscale del governo, ai fornitori e al personale. Gli atenei privati invece sono 35, ma accolgono un numero inferiore di iscritti (115 mila).
Il timore di molti, soprattutto studenti, è che la privatizzazione rischi di trasformare le università in istituzioni orientate al profitto anziché in cittadelle accademiche. Questo potrebbe compromettere la qualità dell’insegnamento e rendere l’istruzione universitaria disponibile solo per le persone facoltose.
E’ naturale pensare che l’istruzione dei ragazzi e delle ragazze provenienti da classi meno abbienti si fermerebbe all’istruzione superiore e che privatizzare le università potrebbe essere il primo passo per far accettare anche altre “vendite” del genere da parte dello Stato (si pensi alla sanità, ad esempio).
Secondo il governo, invece, nuovi investitori darebbero linfa vitale e moderna non solo alle casse pubbliche, ma anche alle stesse strutture e, per il discorso della concorrenza, potrebbero abbassare i prezzi delle lezioni o costruire alloggi a buon prezzo per gli studenti. Così come aziende e sponsor potrebbero allestire borse di studio finalizzate a futuri impieghi.
Come sempre è la realtà dei nostri tempi, vista dalla lente bifocale di un sistema che in occidente si è rivelato fallimentare e irreversibile, e va avanti grazie a continui correttivi in corsa, resistendo nei paesi più virtuosi, e che in Africa si scontra con i ben noti problemi legati a neocolonialismo, corruzione, diseguaglianze sociali e caccia grossa alle risorse infinite del continente.
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