NOTIZIE
01-04-2025 di redazione
Negli anni passati, soprattutto ai tempi dell’ascesa di Briatore, con la costruzione del Billionaire dopo il retreat “Lion in the sun”, si vociferava di un possibile “affitto” da parte della comunità italiana dell’intera Malindi, facendone un’enclave sul genere di Campione d’Italia o di Montecarlo, città tanto cara allo stesso Flavio. Alla fine, nonostante la grande amicizia tra l’imprenditore italiano e l’allora presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, e il bisogno del paese africano di monetizzare, senza chiedere sempre e solo prestiti alle organizzazioni internazionali e ai governi stranieri, non se ne fece nulla e le voci in realtà si rivelarono più o meno infondate. D’altronde come si fa ad acquistare un’intera cittadina che appartiene ad un Paese straniero? Finchè si tratta di un porto marittimo, una zona economica speciale, un aeroporto, è un conto, ma fissare un prezzo per un intero territorio sembra utopia.
Invece c’è un solo popolo che “sa come si fa”, con il potere dei soldi e la forza di chi ha già una marea di crediti: i cinesi.
Così da fonti credibili, quelle della Financial International Society Huangzhou, un’organizzazione economica con sede a Canton, in Cina, il governo di Pechino è pronto tramite la sua banca di riferimento a rilevare tutte le strutture, i terreni e le parti pubbliche di Malindi, in cambio dell’azzeramento del debito che il Kenya ha contratto per la costruzione della ferrovia Mombasa- Nairobi, della sopraelevata “expressway” di Nairobi e delle nuove banchine del porto di Mombasa.
Una soluzione che sembra interessare molto al governo Ruto, alle prese con un debito estero ragguardevole e a cui è stato appena negato un nuovo finanziamento dal Fondo Monetario Internazionale, utile per affrontare la prossima legge finanziaria senza pericolose manifestazioni di protesta.
Così l’intero lungomare della cittadina un tempo “colonia” italiana diventerebbe un porto commerciale per la pesca, mentre la spiaggia di Silversand diventerebbe un parco marino a pagamento per tutti, con affitti per gli hotel. In tutti i terreni pubblici o confiscati dalla giustizia perché da tempo inattivi, sarebbero costruiti grattacieli. In cambio ovviamente i cinesi rifarebbero le strade e imporrebbero nuove regole per costruire e gestire attività. Insomma, di fatto Malindi diventerebbe cinese, con una politica di immigrazione dal Gigante asiatico, specialmente per l’industria navale, della pesca e della tecnologia ad essa applicata.
Prepariamoci ad assistere alla trasformazione dell’ex cittadina turistica a forte impronta di pizza e spaghetti, tra poco saranno soprattutto riso cantonese e involtini primavera!
L’organizzazione di cui sopra e la sua sigla, d’altronde, dicono tutto.
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