Il primo vaccino pronto da testare sull’uomo potrebbe avere la sua sperimentazione di massa sull'uomo in Kenya, prima ancora che in Europa.
Questa è l’ipotesi del team britannico di scienziati di Oxford, di cui fa parte anche un ricercatore italiano, ripresa ieri da un articolo pubblicato sul sito della BBC inglese.
In realtà i primi test del vaccino per il Covid-19 sviluppato in Inghilterra sono stati condotti già giovedì scorso su due volontari ed altri ottocento sono stati già reclutati per farsi iniettare due vaccini: la metà di loro riceverà quello studiato per fronteggiare il Covid-19, gli altri 400 un vaccino che protegge dalla meningite ma non dal Coronavirus. I pazienti non saranno messi al corrente di quale vaccino gli sarà iniettato.
"Il team di Oxford sta anche considerando una sperimentazione del vaccino in Africa, possibilmente in Kenya, dove i tassi di trasmissione stanno crescendo da una base più bassa – sostiene il medico Fergus Walsh nell’intervista della BBC – in trent’anni abbiamo già sviluppato con successo il vaccino contro la MERS, che è un Coronavirus, oltre ad aver lavorato ad altri vaccini come recentemente quello per la malaria, in fase di realizzazione”.
Secondo la BBC il Paese prescelto,  se non otterranno risultati rapidi e tempestivi nel Regno Unito, dovrebbe essere il Kenya, dove l'epidemia di Coronavirus presenta ancora numeri non preoccupanti ma che potrebbe essere in aumento.
“Questo virus è ormai conosciuto – spiegano ancora Walsh - questo vaccino è stato studiato per produrre una forte risposta anticorpale ma questo non equivale necessariamente a protezione, avremo bisogno di molti vaccini, ce ne sono decine in sviluppo”.
Dalla sponda keniana non si conferma né si smentisce, ma l’apertura c’è.
Il Direttore Generale della Sanità Patrick Amoth ha fatto sapere di non aver avuto ancora un colloquio con il Regno Unito, ma di aver saputo di questa possibilità dai media, dichiarandosi comunque possibilista, ma rimandando ad un’eventuale decisione che dovrà essere presa assolutamente di concerto con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e non tramite un accordo tra due singoli Paesi.