Solidarietà

SOLIDARIETA'

Rita e Giusi, far del bene e farlo bene in Kenya

I progetti di "People on the Edge" tra sanità ed educazione

31-01-2022 di Freddie del Curatolo

Questa è una storia di amicizia, sensibilità e intelligenza.
Da quando gli italiani frequentano le zone turistiche del Kenya, ormai quasi mezzo secolo, la solidarietà è una delle derive “di contorno” più frequentate, che confermano il grande cuore dei nostri connazionali e la predisposizione a non voltare lo sguardo di fronte a chi è nato meno fortunato di noi, specialmente a casa sua.
Purtroppo non tutti hanno saputo e voluto aiutare nella maniera corretta e avveduta: tanti si sono lanciati in quella che chiamiamo “solidarietà delle caramelle”, appagando magari più la loro stessa predisposizione a fare del bene istantaneo e a commuoversi piuttosto che capire ragioni, vere esigenze con l’intento di risolvere problemi. Certo, per i turisti da “toccata e fuga” non è facile calarsi in una realtà così diversa e zeppa di contraddizioni, oltre che di situazioni al limite della sopravvivenza, ma per chi frequenta assiduamente luoghi come Malindi e Watamu, la cui facciata è quella esotica del relax e del piacere, uno sguardo più profondo e confutato è auspicabile.
Questa premessa è necessaria per raccontare la nostra storia, che riguarda due donne italiane che hanno voluto guardare oltre e calarsi nella vera realtà dei bisogni della povera gente e dal pur lodevole assistenzialismo del turista si sono calate, con tutti i crismi, nella progettualità utile a migliorare la vita di centinaia di persone.
Rita Saccardo, commercialista vicentina di Marostica e Giusi Serra, infermiera sarda di Abbasanta, paesino nell’oristanese, si sono incontrate otto anni fa in Kenya e hanno condiviso la loro predisposizione a non voltare lo sguardo. Ma hanno anche incontrato sulla loro strada comune di volontariato, presunte associazioni che per vari motivi anteponevano i propri interessi personali al bene delle comunità che pretendevano di aiutare, creando più visibilità per sé stesse che progettualità per la crescita di chi avrebbe dovuto beneficiare davvero delle loro azioni e del cuore di chi inviava fondi alle associazioni stesse.
“La delusione di ciò che abbiamo visto, l’amore per il Kenya e la voglia di pensare insieme una solidarietà più seria ci ha unito – racconta Giusi – e ci ha legato come sorelle”.
Così Rita e Giusi hanno creato una fondazione no-profit in Kenya (“People on the Edge”, letteralmente “Gente sulla soglia della sopravvivenza”) e l’hanno legata ad una Organizzazione di Volontariato riconosciuta in Italia (“Vento della vita”).
“Ci siamo spinte lontano dalle zone costiere, dove la vita è dura ed in pochi si fermano, perché non c’è nulla di commerciale – spiega la commercialista vicentina – e da lì, con una valida e preziosa equipe composta da italiani e locali, ci siamo promesse di fare qualcosa di veramente concreto. Il nostro obbiettivo è portare sollievo a chi è in difficoltà, a chi soffre e non può curarsi e a chi ha fame e non ha da mangiare. Ma anche di dare a chi è sano e in forze la possibilità di imparare un lavoro ed autogestirsi”.
Così le due amiche, dopo aver registrato le associazioni, stabilito contatti con le istituzioni italiane in Kenya (come dovrebbero fare tutti) e potersi muovere nel rispetto delle regole, si sono dedicate per prima cosa ad una ragazzina di 13 anni, incontrata nel remoto villaggio di Kathama, sulla strada per lo Tsavo, dove gli occhi dei viaggiatori non guardano troppo da vicino quelle realtà, perché già proiettati nella meraviglia della savana e dei suoi animali.
Everline dopo un banale incidente al ginocchio e all’anca, non potendo essere curata ed operata come chiunque in un paese civilizzato e con un minimo di assistenza sanitaria, rischiava di avere una vita da invalida. Rita e Giusi l’hanno fatta operare a Malindi e continuano ad assistere lei e la sua famiglia. Ma da qui è nata un’idea che guarda a tutti i keniani che non potranno avere la fortuna di incontrare cuori generosi come loro.
“Ci siamo messi in contatto con la mutua del Kenya, il National Health Insurance Fund, che è l’assicurazione sanitaria per le famiglie – spiega Rita – la tessera purtroppo ha un costo, circa 50 euro all’anno, ma è fondamentale per poter accedere a servizi che possono salvarti la vita o comunque non peggiorarla. Con una donazione di 50 euro alla nostra associazione, puoi donare un anno di assicurazione medica ad una famiglia di 5 persone, che copre cure mediche, medicine, analisi cliniche ed anche interventi chirurgici. Sono tantissimi i keniani, specie nell’entroterra costiero, che non se la possono permettere”.
In futuro per “People on the edge” c’è anche un altro grande progetto.
“Vogliamo realizzare un centro pulifunzionale nella zona rurale di Mijomboni, dentro Gede – rivela Giusi – con l’obbiettivo di dare a tutti, senza discriminazioni di religione, sesso ed estrazione sociale, la possibilità di poterlo frequentare e ricevere la giusta assistenza sanitaria ed un’adeguata formazione scolastica ed etica”.
All’interno dell’ambizioso progetto, in un’area di circa 41 mila metri quadri, sorgeranno un ospedale, un complesso scolastico con scuola primaria e secondaria e tante altre facilities.
I sogni, quando ci si mette anima, cuore e competenza, possono diventare realtà e l’unica certezza della solidarietà in Kenya ai giorni nostri è che per far del bene, bisogna fare le cose per bene.
Per informazioni sui progetti e su come donare: http://peopleontheedge.org oppure Rita Saccardo +393292929895 o Giusi Serra +393479016976 (anche whatsapp).

TAGS: solidarietà kenyasociale kenyamijomboniprogetti kenyaitaliani kenya

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