ASPETTATIVE
02-01-2024 di Freddie del Curatolo
Il 2023 per il Kenya, sul palcoscenico internazionale, ha registrato due segnali diametralmente opposti ma anche in linea con quello che può essere considerato il pre-ingresso nei paesi ricchi del globo.
Ricchi e molto indebitati, quindi.
Ricchi come può esserlo già un Brasile, un’India o un Sudafrica, quindi zeppi di risorse e carenti dal punto di vista sociale, sanitario eccetera.
Il primo segnale è l’interesse crescente delle potenze del G20 per Nairobi e dintorni, certificate dall’importante ruolo del presidente Ruto nei vertici internazionali che si sono succeduti e l’ingresso, da lui guidato, dei paesi dell’Unione Africana (tranne appunto il Sudafrica che già c’era) come membro aggiuntivo del Gotha dei 20 paesi industrializzati.
Facendo una metafora calcistica, il Kenya che è ormai da qualche anno nella serie B delle nazioni “in via di sviluppo”, dopo tanti anni di serie C dell’ex Terzo Mondo, ora sta decisamente puntando alla promozione nella massima serie, composta appunto da 20 squadre.
L’altro aspetto è però una crisi economica che non ha precedenti nel paese: il dollaro e l’euro hanno raggiunto i massimi storici di sempre, la benzina idem. Si stava meglio quando si era considerati poveri?
Gli esperti economisti dicono di no e l’interesse dell’Europa Unita (compresa l’Italia, che ha messo il Kenya con la Nigeria nelle prime realtà con cui fare affari nel 2024 nell’ambito del celeberrimo “Piano Mattei”.
Ma anche la crescita della classe media, fino a quando non sarà costretta a tornare ad essere “classe bassa”, è una testimonianza di come comunque la direzione intrapresa sia quella più realistica (che non vuol dire necessariamente migliore, ma più in linea con chi ti vuole dare una mano, per i suoi interessi).
Ecco quindi che il 2023 ha consegnato al Kenya e a chi vi si approccia, più consapevolezza ed in questo senso anche l’esigenza di trovare le chiavi per uscire dall’impasse.
Per l’anno che viene, il paese ha una scadenza importante: nel mese di giugno dovrà risarcire un superdebito, contratto nel 2014 in eurobond, del valore di 2 miliardi di dollari.
I piani del governo Ruto erano di iniziare a pagare una prima rata (circa 900 milioni) già il 31 dicembre scorso, grazie anche a due prestiti da parte di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale.
Invece, qualche giorno fa, la tesoreria nazionale ha dichiarato che non ci sarà alcun anticipo di rimborso e che sarà tutto pagato il prossimo giugno. Gli economisti, così come non credevano alla rata di fine anno, sono scettici sul rimborso finale in una sola tranche.
All’atto pratico questo significa grandi possibilità di investimento per gli stranieri nel paese, e forse la volta buona che anche aziende e soggetti italiani se ne accorgano, e non solo la lungimirante ENI e poche altre realtà.
L’accordo firmato a dicembre da Kenya e Unione Europea, con la visita di Ursula Von Der Leyen a Nairobi, da questo punto di vista è di buon auspicio, perché sbloccherà il mercato dell’import-export con 27 stati, tra cui l’Italia, regolando verso il basso, o comunque verso un taglio deciso alla burocrazia, gli affari tra Nairobi e Bruxelles.
Tutto questo quadro economico potrebbe darci speranze, se non fosse che la situazione interna resta critica e il governo non trova altre soluzioni che aumentare le tasse, colpendo inevitabilmente non solo i propri cittadini, ma anche i residenti e gli investitori che decidono di stabilirsi nel paese.
E’ il caso dello sbandierato aumento dei permessi di lavoro e di soggiorno, oltre che di ogni documento, licenza e iter burocratico.
Da questo punto di vista, essendo una democrazia “vigilata” da Usa ed UE (la Cina potrebbe anche soprassedere…) la magistratura non ha le mani legate e ha già sospeso numerose leggi o regolamenti già approvati dal parlamento e, nel caso dell’imposta fissa sulle case, anche già firmata dal presidente.
Vedremo cosa accade quest’anno e come il Kenya saprà mantenere il precario equilibrio circense tra invogliare gli imprenditori di mezzo mondo ad investire nel paese e non strozzare quelli che già lo hanno fatto. In tutto questo, c’è di mezzo anche il turismo, su un asse di equilibrio molto simile: da una parte il Kenya tira (lo si vede proprio in questo periodo) e il potere d’acquisto della moneta invoglia, dall’altra chi deve garantire servizi e competitività con altre destinazioni, fa una gran fatica.
Ricette vere e proprie non ce ne sono e se ce ne sono, non fanno parte di questi tempi e forse ormai neanche più di questo pianeta.
Confidiamo nel fatto che, come già accaduto in anni passati, l’interesse di tutti per le risorse del Kenya, per la sua stabilità politica e sociale, data la posizione strategica tra nazioni complicate, l’esigenza di non far prevalere l’uno o l’altro blocco economico, abbia la meglio e non lo faccia sprofondare in situazioni difficili che poi si possano ripercuotere sulla sicurezza, sulla fame e sulle malattie.
Buon 2024 Kenya, dove la speranza non è solo l’ultima a morire, ma crede anche nella reincarnazione.
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