REPORTAGE
21-06-2025 di Riccardo Zennaro
Nel 1943, l’italiano Felice Benuzzi, prigioniero in Kenya durante la seconda guerra mondiale, scappo’ di notte da un campo di detenzione a Nanyuki, cittadina ai piedi del Monte Kenya. Lui e due suoi compagni di prigionia non fuggirono solo per la voglia di scappare, ma lo fecero per scalare il leggendario Monte Kenya.
Cinque giorni di scalata e discesa attraverso le sue gole, valli e cime con neve, ghiaccio e sole cocente ad accompagnarli, e senza equipaggiamento ne’ provviste adeguate. Benuzzi, piu’ tardi diplomatico e giornalista, scrisse il famoso libro “No Picnic on Mt. Kenya,” un racconto da leggere per appassionati di montagna ed Africa, e per chiunque voglia intraprendere la scalata al Monte Kenya.
Scalare il Monte Kenya non e’ effettivamente una passeggiata o un picnic. E’ un’impresa impegnativa attraverso paesaggi unici, flora e fauna meravigliosi e condizioni meteo imprevedibili. Steven Kimani, fondatore di Bedera Places, un’agenzia di viaggio locale specializzata nella scalata al Monte Kenya, e’ una delle guide piu’ esperte e accompagna gruppi da tutto il mondo piu’ e piu’ volte durante il corso di un anno.
L’ascesa a quota 3500 metri, tra nebbia, sherpa e piante di lobelia (foto Riccardo Zennaro)
“Ho dimenticato quante volte ho scalato il Monte Kenya, ma ogni volta e’ diverso,” afferma Kimani, ricordando le difficolta’ della scalata. “E’ difficile perche’ devi essere fisicamente preparato, e devi fare le cose giuste per evitare il mal di montagna. La cosa piu’ importante rimane la preparazione mentale. Qualcosa puo’ andare storto, o magari diversamente da quello che uno si aspetta.”
Anche durante la stagione secca, la scalata verso il Picco Lenana – nome di uno degli storici leader spirituali Maasai – e terza cima piu’ alta del Monte Kenya a 4985 metri sopra il livello del mare, puo’ rivelarsi una sfida non indifferente. Piogge inaspettate, bufere di neve, e venti forti non sono eventi eccezionali, e possono cogliere di sorpresa. Condizioni, queste, che richiedono particolare attenzione, pazienza e una mente forte e flessibile.
A fine giornata, presso il Mackinder Hut, il sole fa capolino, rivelando la cima piu’ alta del Monte Kenya, Batian, a 5199 metri. (foto Riccardo Zennaro)
Kimani non e’ l’unico ad aiutare gli scalatori a raggiungere la meta. Con lui, c’e’ una squadra di sherpa che porta tutto l’equipaggiamento necessario, incluso il cibo, le tende e le borse degli scalatori. Questi uomini e donne, veri eroi silenziosi, contribuiscono in modo cruciale al successo della scalata. Steven Githenya e’ uno degli sherpa e per lui, non c’e’ giorno di pausa. Ogni volta che qualcuno chiama, lui prepara il necessario e parte per un’altra ascesa e discesa che dura in media dai due ai cinque giorni. “Magari ci riposiamo un giorno,” dice Githenya, “ma siamo pronti a partire nuovamente quello seguente se c’e’ l’opportunita’.”
In discesa verso il lago Ellis, a 3500 metri, dove il paesaggio cambia nuovamente, con praterie e fiumi che scorrono veloci verso la pianura. (foto Riccardo Zennaro)
David Kibui e’ d’accordo. Anche lui e’ uno sherpa: lavora assieme a Steven ed e’ lui a cucinare ad alta quota con minimo equipaggiamento. David, uomo calmo e riservato, non e’ solo uno chef. E’ anche responsabile di piantare le tende prima che gli scalatori arrivino a destinazione a fine giornata. “E’ il nostro lavoro” aggiunge Kibui con un timido sorriso. “Siamo felici di accompagnare viaggiatori e scalatori in questa avventura unica.”
Due sherpa riposano nei pressi del Rifugio Austriaco, a quasi 4800 metri, e con Batian, il picco piu’ alto alle loro spalle. (foto Riccardo Zennaro)
Quando il viaggio termina, arriva una sensazione strana: un mix di gioia e tristezza. Gli sherpa tornano a casa e si preparano per un’altra avventura con un altro gruppo. Gli scalatori possono sentirsi un po’ persi: dopo giorni immersi nella natura, il rumore delle macchine, delle motociclette, e la vista delle cittadine a ridosso del Monte Kenya sono allo stesso tempo una consolazione ma anche fonte di confusione.
L’epica scalata non e’ stata certamente una passeggiata, ma rimarra’ per sempre nel cuore di ogni persona che ha conquistato la seconda montagna piu’ alta d’Africa. Chissa come si e’ sentito Felice Benuzzi al ritorno dalla sua "fuga".
Gole e crepacci del Monte Kenya a 5000 metri sopra il livello del mare. (foto Riccardo Zennaro)
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