CINA E AFRICA
26-05-2023 di redazione
La Cina ha o non ha spiato il governo keniano, introducendosi per due anni con i suoi hacker nei sistemi telematici dei principali siti e portali istituzionali?
Il botta e risposta tra un reportage esclusivo dell’agenzia Reuters che ha fatto il giro del mondo e il palazzo di Nairobi sta tenendo banco in questi giorni sui media non solo nazionali.
Già lo scorso dicembre, un’inchiesta del “Blackberry Research and intelligence team” aveva lanciato l’allarme, ventilando che il gruppo governativo di Pechino “Mustang Panda” stesse spiando da tempo il vecchio e il nuovo apparato istituzionale keniano, usando “esche” legate all’Ucraina.
Secondo questo report, i cinesi avrebbero anche spiato per un certo periodo l’Italia.
Sul Kenya, però, assicura l’agenzia stampa, ci sarebbe più fondatezza e nei giorni scorsi ha lanciato la “bomba”.
Secondo la Reuters il Kenya nel 2019 aveva già segnalato un attacco di pirateria informatica, proprio mentre i prestiti cinesi si stavano esaurendo ed iniziavano a palesarsi tensioni finanziarie in Kenya. Il gigante asiatico, nei primi 20 anni del millennio, ha prestato più di 160 milioni di dollari ai paesi africani, come riporta un database sui prestiti cinesi dell’università di Boston.
Almeno nove sono stati utilizzati dal Kenya, per i ben noti progetti infrastrutturali della ferrovia a scartamento veloce Mombasa-Nairobi, per il porto della città costiera e per la superstrada sopraelevata “Expressway” della capitale.
Pechino è diventato il più grande creditore bilaterale del Paese e ha acquisito una solida posizione nel più importante mercato di consumo dell'Africa orientale e in un hub logistico vitale sulla costa africana dell'Oceano Indiano.
Le fonti intercettate dall’agenzia di stampa britannica avrebbero dichiarato che gli hacker cinesi si sono introdotti nei segreti del Kenya, utilizzando dati e documenti riservati, dall’inizio del 2019 fino alla fine dell’anno scorso.
Secondo i documenti forniti dall'analista, le spie informatiche cinesi hanno sottoposto l'ufficio del presidente del Kenya, i ministeri della difesa, dell'informazione, della salute, del territorio e dell'interno, il centro antiterrorismo e altre istituzioni a un'attività di hacking persistente e prolungata. Non solo, secondo la Reutersm “un server controllato dagli hacker cinesi ha anche avuto accesso a un servizio webmail condiviso dal governo keniota più recentemente, dal dicembre 2022 al febbraio di quest'anno”.
Dopo due giorni di sospettoso silenzio istituzionale, il governo keniano, pur ammettendo che la Cina gestisce la maggior parte dei server keniani, ha decisamente smentito le notizie diffuse dall’agenzia britannica, confermando che i siti e i database delle istituzioni non sono mai stati attaccati e sono sempre stati sicuri. In un comunicato ufficiale, il viceministro degli Interni, Raymond Omollo, sostiene che “non ci sono prove assolute di attacchi di hacker cinesi ai sistemi del paese” definendo l’inchiesta “falsa e senza senso”.
Uno stato africano contro un importante media internazionale, con la “colonizzazione” economica di Pechino sullo sfondo. In tutto questo, il governo cinese non ha ancora commentato.
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